UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Se la poesia celebrasse il suo ritorno

"Il 21 marzo si è celebrata la Giornata della Poesia. Non a caso la sua festa coincide con la data che segna l’arrivo della primavera: la poesia è una forma di rinascita". Anche noi vogliamo celebrarla, proponendovi la riflessione del poeta Roberto Mussapi, tratta dalle pagine culturali di Avvenire...
21 Marzo 2012
Oggi, 21 marzo, ricorre la Giornata della Poesia. Non a caso la sua festa coincide con la data che segna l’arrivo della primavera: la poesia è una forma di rinascita. Ma la coincidenza può generare equivoci: la poesia non è solo la primula che rompe il gelo dalla zolla, il fiore di pesco che sboccia dalla dura e chiusa opacità del ramo. «Aprile è il più crudele dei mesi» recitano i versi con cui Thomas S. Eliot, il massimo poeta del Novecento, inizia il suo capolavoro 'La terra desolata'. Nel mese di aprile, cuore della primavera, al centro tra il sorgente marzo e il già fiorito e caldo Maggio (non a caso mese mariano) convivono e confliggono gelo e sole, rigidità e rinascita. L’inverno, prosegue Eliot, ha salvato, tenuto in caldo, proteggendo una piccola vita, la vita del seme, con la neve, nutrendo sotterraneamente con tuberi secchi. Se non comprendiamo che la poesia è anche dramma, anche agonia, rischiamo di farcene un’idea stereotipata, da idilli di Chagall, da estasi cantautoriale. La poesia è un processo di rigenerazione perennemente in atto, una continua rifondazione. Che, in nome della vita, conosce morte e dolore, e li affronta con memoria e immaginazione. La poesia non è mai realmente nichilista, perché è intrinsecamente un atto di fede. Ma non elude il dramma, lo affronta con ali forti e generose. La poesia è innanzi tutto quella che scrivono i poeti, soprattutto i grandi. Ma è, contemporaneamente una necessità antropologica dell’homo religiosus, che sappiamo precedere nella storia e nel tempo l’homo sapiens. La poesia è quella che ci nutre, ma anche quello di cui abbiamo bisogno. Come un ossimoro in cui coincidessero la parola pane e la parola fame.
Passando alla cronaca, alcuni fatti recenti ci inducono all’ottimismo in materia: il clamoroso successo di vendite del libro della poetessa Szymborska, dopo la sua morte e la sua lettura in televisione da parte di Roberto Saviano, è un esempio abbastanza clamoroso. Ma anche la notevole vendita di copie di un poeta meno fluido, meno 'leggibile' della Szymborska come Transtrommer, alla notizia del premio Nobel, fa pensare. In televisione, nelle ore diurne di 'Uno mattina' e dei Tg connessi, in una fascia quindi popolare e non di nicchia, noi poeti italiani leggiamo versi dei nostri maestri, da Omero ai contemporanei. L’iniziativa è recente, non ho il minimo dato statistico. Ma certo al bar, all’edicola, in palestra, molti me ne parlano. Non so se avrà l’attenzione e il riscontro che credo meriti (il poeta legge poesia, non gioca in un talk show, non parla di calcio con escort, ballerine, politici e manager rampanti). Non so se le migliaia di copie della poetessa Szymborska siano state vendute perché qualunque cosa letta in televisione, oggi da Saviano ospite di Fazio, produrrebbe gli stessi risultati. Sono segnali. Ma non mi sembra serio concludere dicendo: aspettiamo, vedremo. No, vanno verificati, perché la poesia appartiene alla sfera della religione e della salute, non è un optional. Poniamoci, oggi che la si celebra, qualche domanda: esiste, ha domicilio, anche saltuario, nelle pagine dei quotidiani? Vent’anni fa lo aveva, ora non mi pare. Gli editori, anche quelli grandi e storicamente importanti, oltre a pubblicarla, ci credono almeno un poco? Già vent’anni fa era un fiore all’occhiello, ma un fiore all’occhiello appassito e disidratato è un segno che non infonde vitalità e speranza. Gli editori e i giornali intendono prendere la poesia e i poeti sul serio, indipendentemente dal fatto che alcuni di loro capitino da Fazio e da Saviano, possibilmente dopo essere morti? That is the question.