UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

“Servono artigiani dei media”

Andrea Granelli, tra i padri della rivoluzione digitale in Italia e recente autore del libro “Artigiani del digitale”, denuncia le insidie dei nuovi media ed evidenzia la necessità di un’educazione all’uso di mezzi di comunicazione vecchi e nuovi.
22 Dicembre 2010
«Impara a usare la tecnologia, se no la tecnologia userà te». Cita un detto degli hacker Andrea Granelli – tra i padri della rivoluzione digitale in Italia, attuale presidente di Kanso, società di consulenza sull’innovazione, e recente autore di Artigiani del digitale (Sossella, 112 pagine, 12 euro) – per denunciare le insidie dei nuovi media ed evidenziare la necessità di un’educazione all’uso di mezzi di comunicazioni vecchi e nuovi.
 
Informazione eccessiva, inquinamento digitale, frammentazione della conoscenza: questi problemi forse non sono sufficientemente considerati dalle varie figure educative...
C’è una tendenza culturale a esaltare gli aspetti positivi: sono tanti i santoni del digitale e i venditori di hardware e software... Non ci si concentra sugli effetti collaterali, e gli stessi percorsi di adozione del digitale non tengono in considerazione i diversi contesti. È come comprare un vestito largo che poi viene adattato, a volte in modo goffo.
 
Dobbiamo imparare a muoverci dentro 'troppa' informazione. Come si fa?
È preoccupante la quantità d’informazione, ma anche la sua scarsa qualità. L’informazione è spesso decontestualizzata, nella rete resta ogni traccia, anche quella che ha perso significato. Tutto ciò crea disturbo e ridondanze inutili.
 
Lei parla di anoressia-obesità dell’informazione e del rischio per i giovani di riempirsi di nozioni non nutrienti...
Mangiare troppo o rifiutare il cibo è comunque scorretto: bisogna trovare una giusta alimentazione. Il divertimento, lo svago, le chat nella rete non sono di per sé sbagliati. Il problema nasce se questa diventa la totalità delle relazioni, e i linguaggi si atrofizzano. Su Internet poi accade che comportamenti negativi si autorafforzino trasformandosi in stereotipi pericolosi, con una conseguente perdita del senso critico.
 
Per i ragazzi di oggi i media sono un ambiente familiare, una 'casa'. È ancora possibile educarli al loro uso?
Oggi la formazione è più importante di ieri. I giovani hanno dimestichezza ma usano i media in modo superficiale. Serve una formazione che sia più educazione e meno 'addestramento': usare bene mouse e tastiera non basta se non si conduce a sé la procedura. Bisogna fare attenzione anche alle categorie che vengono usate: quella di 'nativi digitali' ad esempio non vuol dire nulla, rimanda all’automatismo, a chi fa così perché è nato così.
 
Meglio parlare allora di 'artigiani del digitale'?
Gli artigiani sono i creativi, coloro che sanno plasmare la materia. La maestrìa tipica dell’artigiano si può applicare bene pure al mondo digitale che è un fenomeno industriale. È importante adattare lo strumento al contesto, all’uomo, all’uso, così come l’artigiano fa prodotti su misura.
 
Quali sono allora le frontiere dell’educazione nell’era digitale?
Bisogna recuperare l’idea di educazione come accompagnamento. E anche qui è utile la metafora artigiana: nella bottega si hanno grandi opportunità perché il maestro segue, consiglia, spiega. Vanno incrociate la dimensione umanistica con quella tecnologica.
di Stefania Careddu
(da Avvenire del 22 dicembre 2010, pag. 25)