UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Si fa prossimo chi comunica

Alla vigilia della festa di San Francesco di Sales, il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali ha reso noto il Messaggio di Papa Francesco per la 48ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: "Comunicazione al servizio di un'autentica cultura dell'incontro".
23 Gennaio 2014

Giovedì 23 gennaio, alla vigilia della festa di San Francesco di Sales, il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali ha reso noto il Messaggio di Papa Francesco per la 48ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (1° giugno 2014) che avrà per tema: «Comunicazione al servizio di un'autentica cultura dell'incontro».
 
“In questo Messaggio - ha affermato Mons. Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali - emergono vistosamente due ampie tensioni. La prima si rivolge al mondo ‘laico’ della comunicazione, vale a dire il Papa offre delle riflessioni valide anche per coloro che non hanno fatto un’opzione religiosa nella propria vita, ma che ugualmente sono chiamati a percepire o già sentono la profonda valenza umana del mondo della comunicazione".
“È però rivolgendosi ai discepoli del Signore – ha proseguito - che il Messaggio acquista particolari colorazioni e frequenze profonde. Mi pare altamente suggestivo il riferimento alla parabola del buon samaritano per aiutarci a capire la comunicazione in termini di prossimità”.
 
E proprio i riferimenti alla parabola del buon samaritano sono stati commentati anche dalla Prof.ssa Chiara Giaccardi, intervenuta alla presentazione del Messaggio.
“Il samaritano - ha affermato - non è un 'tecnico', uno specialista: tra chi lo ha preceduto sulla strada, era forse il meno 'titolato' a esercitare una funzione”.
“Forse il sacerdote – ha proseguito - doveva correre al tempio per celebrare una funzione. Non fermandosi ha magari onorato il suo ruolo, ma non la sua umanità. Si può essere vicini, ma disconnessi. Si può parlare in un modo e agire in un altro”.
“Anche i giornalisti e gli accademici – ha concluso - devono decidere da che parte stare: il mondo è ferito e si può mostrare per 'diritto di cronaca' queste ferite con pretesa di neutralità, di obiettività, passando subito oltre. O, peggio, possono essere i briganti che malmenano la realtà, la distorcono, non si curano delle conseguenze delle loro azioni e delle loro parole pur di trarre un vantaggio personale. Oppure possono essere il samaritano, che guarda con benevolenza il ferito, lo accarezza, cerca di aiutarlo come può, e mette in moto altri, una catena contagiosa, sulla base della propria testimonianza”.
 

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