UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Social network: rischi e opportunità secondo Keen

“Non solo la rivoluzione del Web 2.0 sta distruggendo la nostra cultura, ma sta anche generando nuove e celate oligarchie di figure mediatiche potenti e influenti che non hanno il senso di responsabilità delle tradizionali elites culturali. Occorre, dunque, mettere le cose in chiaro e spiegare a chi sta fuori dalla Silicon Valley cosa sta realmente succedendo”.
5 Agosto 2009
“Non solo la rivoluzione del Web 2.0 sta distruggendo la nostra cultura, ma sta anche generando nuove e celate oligarchie di figure mediatiche potenti e influenti che non hanno il  senso di responsabilità  delle tradizionali  elites  culturali. Occorre, dunque, mettere le cose in chiaro e spiegare a chi sta fuori dalla Silicon Valley cosa sta realmente succedendo”. E’ immediato e diretto Andrew Keen, americano che vive Berkeley, in California, autore di The cult of the amateur, approdato nel nostro Paese con il titolo Dilettanti.com (pubblicato dalla De Agostini) e tradotto in 15 lingue in tutte il mondo. Ho scritto questo libro perché ho sentito la necessità di sfatare il falso mito che aleggia intorno alla Silicon Valley. Molta gente qui ritiene che la tecnologia rende più ricca e più democratica la cultura, ma io ho constatato che è vero esattamente l'opposto.  
Quali sono secondo lei le opportunità e i rischi che si nascondono dietro al mondo dei social network e del web 2.0 in particolare? Forse questa seconda fase del web sta uccidendo la nostra cultura e la nostra economia?
La grande opportunità dei social network e del Web 2.0 è di rivitalizzare la nostra cultura. In qualche misura questo è stato fatto. Sono felice che i media tradizionali siano stati costretti dalla concorrenza di Internet a trasformarsi in mezzi più animati e rilevanti. Il problema tuttavia è che il Web 2.0 ha reso libero il core business della new economy. Le società del web 2.0 stanno tutte costruendo modelli di mercato basati sul libero contenuto generato direttamente dall'utente, ma poi vendono pubblicità contro questo contenuto. E' difficile competere con il libero mercato, specialmente se, come accade nei giornali tradizionali, bisogna pagare i reporter per il loro lavoro. Quindi i giornali tradizionali e le riviste si stanno arrovellando il cervello per cercare un nuovo modello di mercato percorribile nella libera economia.  In America questa situazione è sfociata in una profonda crisi economica di tutti i media tradizionali, dalle riviste ai quotidiani agli editori ai network televisivi. 
Questo cosa significa?

Non tutta questa crisi è negativa, specialmente se essa conduce all'emergere di nuove e solide società giornalistiche, ma questo non sembra che stia avvenendo. YouTube per esempio, il più famoso dei network Web 2.0 televisivi, è totalmente infruttuoso, improduttivo. Così come i social networks più recenti come Twitter che non hanno ancora un modello di  mercato .