UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Tele-Mattanza:
è il momento della selezione

La riduzione dello spazio destinato alle tv locali non creerà problemi nelle regioni do­ve il loro numero è limitato. Ben più complesso sarà in aree «affollate» come Toscana, Puglia e Sicilia che diventeranno la car­tina tornasole per capire quante emittenti resteranno senza reti di trasmissione.
9 Agosto 2011
Sarà un percorso in tre «tap­pe» quello che servirà a de­finire la lista delle tv locali obbligate a spengere i loro ripe­titori entro il 31 dicembre 2012. Una corsa a tempo che il mini­stero dello sviluppo economico sta affrontando dopo il taglio di nove frequenze alle piccole emit­tenti imposto dall’ultima Legge di stabilità e dal decreto «Omni­bus» dello scorso marzo.

La digitalizzazio­ne dell’Italia tele­visiva non sarà fermata, fanno sapere dal dica­stero guidato da Paolo Romani. E alle locali non sa­ranno restituite né parte delle fre­quenze «espro­priate», né alcuni dei sei nuovi ca­nali che andranno ai network na­zionali con la procedura gratuita del «beauty contest». «Ma non ci sarà alcuna mattanza» ha spie­gato ad Avvenire il ministro Ro­mani che ha annunciato di aver «già individuato le strade tecni­che perché ogni emittente locale possa continuare a trasmettere come e meglio di prima». Una risposta all’allarme black­out arriverà dai bandi che per­metteranno di stilare le gradua­torie delle locali: saranno a ca­rattere regionale e verranno pub­blicati secondo un cronopro­gramma che il ministero ha già messo a punto. La prima fase dei bandi – che si concluderà in e­state – riguarderà le regioni che saranno digitalizzate nel 2011 (Li­guria, Toscana, Umbria e Mar­che): il primo bando sulla Liguria è atteso in questi giorni, entro la settimana. La se­conda – prevista fra settembre e ot­tobre – avrà al centro le ultime regioni che adot­teranno la nuova tecnologia nel pri­mo semestre del 2012 (Abruzzo, Molise, Puglia, Ba­silicata, Calabria e Sicilia); e la ter­za – fissata per la fine di que­st’anno – verterà sulle regioni già digitalizzate dove dovranno es­sere tolti alle locali i nove canali già assegnati.
La necessità di ricorrere ai bandi è emersa quando il governo ha deciso di destinare un sesto del­le frequenze tv alla banda larga telefonica. Fino allo scorso di­cembre, a ogni emittente era sta­ta garantita la possibilità di man­tenere almeno un canale dove trasmettere. «E questo è stato un errore – ammettono dal ministe­ro –. Una piccola tv fa fatica a riempire i sei programmi di un mux. E il fatto di non utilizzare parte della propria capacità tra­smissiva è uno sperpero di risor­sa pubblica». Con la virata del legislatore, l’ete­re italiano diventa insufficiente a ospitare le antenne di tutte le tv. Ecco la scelta delle graduatorie per indicare le emittenti che manterranno almeno un canale. La riduzione dello spazio non creerà problemi nelle regioni do­ve il numero delle tv è limitato. Ben più complesso sarà in aree «affollate» come Toscana, Puglia e Sicilia che diventeranno la car­tina tornasole per capire quante emittenti resteranno senza reti di trasmissione. E maggiormente difficoltoso si annuncia il cam­mino nelle regioni già digitaliz­zate – si può citare i casi di Lom­bardia, Campania e Lazio – dove le «piccole» che già operano da mesi con la nuova tecnologia do­vranno fare un passo indietro.
Per evitare che l’intero progetto venga bloccato, il governo ha in­serito nella Manovra economica approvata lo scorso mese un ar­ticolo in cui si stabilisce che il tri­bunale competente sulle contro­versie in materie di frequenze sarà il Tar del Lazio e che i giudi­ci potranno concedere al massi­mo un indennizzo per i canali «e­spropriati » ma non impedire lo spegnimento dei ripetitori. Inol­tre chi non liberasse le frequenze dovrà corrispondere gli interessi legali sulle somme versate dalle compagnie telefoniche. «Una norma di dubbia costituzionalità che mostra come il governo abbia scelto la strada della forza e non del dialogo», sostengono le asso­ciazioni di categoria Aeranti-Co­rallo e Frt. E i rappresentanti del­le locali lasciano aperta la porta dei ricorsi alla Consulta se il brac­cio di ferro fra emittenti e mini­stero non trovasse uno sbocco.
La via d’uscita per salvare le tv in bilico viene indicata, però, dallo stesso dicastero dello sviluppo e­conomico: è quella del consor­zio fra «piccole» che consentirà di dividersi i sei programmi del­la frequenza assegnata. L’aggre­gazione di tv dovrebbe essere premiata dai bandi che così ver­rebbero incontro a quelle emit­tenti di servizio che non hanno come 'mission' il business (co­me invece pretendono i criteri stabiliti dalla legge per ricevere almeno un canale).