UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Tg personalizzato. Per chi?

Le maggiori televisioni europee (tra cui Bbc e la nostra Rai) stanno lavorando al progetto «No Tube», che promette di dare a ogni spettatore il suo telegiornale su misura. A prima vista sembra un’idea rivoluzionaria e utile. Ma le cose, come sempre, sono un po’ più complesse...
20 Settembre 2011
Avere un telegiornale su misura è il sogno di tanti telespettatori. Per milioni di persone i tg sono un appuntamento irrinunciabile. Ma chi li guarda (dicono gli studi) spesso ne rimane deluso. Per alcuni hanno troppa politica. Per altri troppo poca. Certi spettatori non sopportano le notizie di gossip, ma ci sono legioni di persone (a dare retta all’Auditel) che amano i servizi 'leggeri', meglio se con protagonisti gli animali. C’è chi vorrebbe più profondità e chi invoca più leggerezza. Chi sogna uno sguardo più completo sul mondo e chi di fronte a certi servizi cambia canale. In poche parole: ognuno vorrebbe il «suo telegiornale». Un tg fatto su misura, che tenesse conto solo e soltanto dei gusti di chi lo guarda e non anche di quelli del resto del pubblico.

Detto, fatto: le maggiori televisioni europee (tra cui Bbc e la nostra Rai) stanno lavorando a un progetto simile, insieme alle multinazionali dell’elettronica, università e istituti di ricerca. Si chiama «No Tube» e promette proprio di dare a ogni spettatore il suo telegiornale su misura. A prima vista sembra un’idea rivoluzionaria e utile. Un progetto che ci permetterà di non perdere più tempo e di rimanere connessi al mondo. A prima vista, però. Perché le cose, come sempre, sono un po’ più complesse.
Intanto a decidere quali sono i servizi che preferiamo è un algoritmo matematico, che formula risposte in base a ciò che ognuno di noi scrive (almeno il test, per ora, funziona così) su Facebook. Sia nel proprio profilo, sia nei commenti. Per esempio, se ho scritto che amo il Milan, i Beatles, le moto, la cucina giapponese e i mobili antichi e ho detto la mia sul campionato di basket americano, i jukebox e i cani Landseer, il computer mi restituirà ogni giorno una serie di servizi presi da tutte le edizioni dei telegiornali italiani (e, per chi lo vuole, anche stranieri) che corrispondono al mio «profilo». Peccato che così facendo – siamo sempre nel campo della ipotesi e degli esempi – non saprò mai niente della carestia in Somalia o dei cineasti arrestati in Iran. Così, il mondo che mi arriverà in casa ogni giorno (forse) sarà sempre più simile ai miei gusti Facebook, ma (sicuramente) sarà anche sempre più piccolo e parziale.
In fondo ciò che ci aspetta, usando sempre più spesso le tecnologie, è un mondo dove un algoritmo matematico, in qualche modo, governerà una parte delle nostre vite, del nostro sapere, del nostro modo di informarci. Già oggi quando interroghiamo un motore di ricerca come Google, i risultati che ci restituisce sono figli di tutte le ricerche che sono state fatte dal nostro computer. E quindi sono (per ora, solo parzialmente) 'diversificate', a seconda dell’«orientamento» dell’utente. Solo che un tg, un giornale elettronico o un qualunque altro servizio «su misura» rischia di blandirci e non di scuoterci; di confermarci nelle nostre convinzioni e mai di farci sussultare o arrabbiare, proponendoci punti di vista, storie e opinioni in contrasto con le nostre ma che ci fanno riflettere e crescere.
Così, i telespettatori, convinti di avere trovato un alleato sicuro nei tg su misura, finiranno invece probabilmente per perderci, mentre a vincere sarà ancora una volta il mercato. Prendete il progetto «No Tube». Per renderlo un business, hanno già sperimentato un algoritmo che sullo schermo della nostra tv digitale, del nostro telefonino o iPad farà apparire pubblicità personalizzate, calcolando anche il «momento migliore». Cioè, quando l’utente è più «ricettivo» e da cittadino diventa consumatore.