La proposta che parte della Toscana in vista del convegno Cei «Testimoni digitali» è semplice: creare un gruppo di lavoro per «correggere» gli errori che minano Wikipedia sulle voci di vita ecclesiale. Un laboratorio di «corsari buoni», lo definisce il vescovo di Prato, Gastone Simoni, delegato per la Cultura e le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale toscana (Cet). È uno degli spunti emersi ieri a Firenze nell’incontro in preparazione all’appuntamento di fine aprile a Roma fra don Ivan Maffeis, vice direttore dell’Ufficio Cei comunicazioni sociali, e la Commissione cultura e comunicazioni sociali della Cet. «La Chiesa – spiega don Maffeis – non cavalca l’onda della tecnologia, ma si interroga sul digitale inteso come linguaggio delle nuove generazioni e come ambiente che la comunità ecclesiale è tenuta ad abitare per dargli un’anima».
Da qui il convegno del mese prossimo a cui la Chiesa toscana guarda con interesse. «Il cristiano va incoraggiato a essere soggetto attivo nel mondo dei media – afferma Simoni –. Però non possiamo tacere davanti all’aumento di raffinata oppressione che i media generano e che anche la società civile deve aver ben presente. Inoltre, va ribadita la libertà di comunicazione». A Roma le diocesi toscane arriveranno con dei suggerimenti: dall’ipotesi di corsi di formazione per giovani e famiglie su opportunità e rischi della Rete all’indicazione di aprire i Seminari alle nuove tecnologie. E poi l’invito a rivitalizzare le sale della comunità come esperienza di confronto o il consiglio ai sacerdoti di essere presenti su Internet e sui social network. «È bene che un prete svolga il suo ministero persino nel web», sottolinea il vescovo di Prato. Presente all’incontro fiorentino anche il presidente della Corallo, l’associazione delle radio e tv d’ispirazione cattolica, il pistoiese Luigi Bardelli. «Con il passaggio al digitale terrestre in televisione spiega - serve investire sui contenuti per cogliere le opportunità che anche le diocesi possono cogliere».
«Con la stessa passione con cui Pietro ha gettato le reti - afferma don Maffeis - siamo chiamati ad essere animatori dei media per aiutare l’uomo di oggi, bombardato da troppi messaggi».