UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Tv dei ragazzi al bivio tra business e servizio

La tv dei ragazzi è giunta ad un momento di svolta. Lo sviluppo frenetico delle nuove tecnologie, dal satellite e digitale a internet, sta rendendo sempre più frammentata e complessa l’offerta televisiva, anche per i bambini. Per questo il confronto tra addetti ai lavori, istituzioni, genitori ed educatori si fa sempre più urgente. Con questo spirito apre alla Triennale di Milano dal 18 al 23 novembre la seconda edizione di Ragazzi che tivù!
19 Novembre 2008

La tv dei ragazzi è giunta ad un momento di svolta. Lo sviluppo frenetico delle nuove tecnologie, dal satellite e digitale a internet, sta rendendo sempre più frammentata e complessa l’offerta televisiva, anche per i bambini. Per questo il confronto tra addetti ai lavori, istituzioni, genitori ed educatori si fa sempre più urgente. Con questo spirito apre alla Triennale di Milano dal 18 al 23 novembre la seconda edizione di Ragazzi che tivù!, rassegna internazionale sulla qualità nella televisione per ragazzi promossa dal Corecom (Comitato regionale per le comunicazioni) della Lombardia. Un appuntamento che quest’anno si arricchisce con un forum internazionale, cui parteciperanno per la prima volta gli Stati Uniti, tre ricerche inedite, sei rassegne video, un premio per i giovani autori, diciotto laboratori per gli studenti delle medie. «È una delle grandi novità di questa edizione – ha detto Maria Luisa San¬giorgio, presidente Corecom Lombardia che organizza la rassegna –. Abbiamo voluto coinvolgere i ragazzi, che così potranno capire come si fa televisione, ma anche genitori e insegnanti nella consapevolezza che è necessario agire sia sul versante di una migliore produzione sia su quello di una maggiore capacità di comprensione e selezione dei mezzi e dei messaggi ». Anche il destino della tv per ragazzi, ormai, è globalizzato come dimostra la prima delle ricerche, Educare e intrattenere con la tv - Proteggere non basta, realizzata dall’Osservatorio Comunicazione dell’Università Cattolica e Corecom. Il trend generale, del decennio in corso in tutta Europa (ma anche Usa e Australia) è il «progressivo calo quantitativo dell’offerta per bambini e ragazzi presente sui principali canali televisivi generalisti. Per contro l’offerta si sta spostando in modo massiccio sui canali digitali a pagamento (per l’Italia i canali satellitari Sky sono ormai saliti a 12) e sui canali del digitale terrestre (sia free che pay)». Fanno eccezione pochi canali di servizio pubblico che, in Europa (vedi Bbc) e fuori Europa, continuano a considerare i programmi per ragazzi uno specifico del loro mandato.
Avremo in futuro, quindi, una tv di serie A per famiglie che possono pagare un abbonamento, e di serie B per chi i soldi non li ha? La ricerca avanza molte ombre, come una «sempre maggiore convergenza tra cultura televisiva e cultura dei consumi, che ha nel merchandising il suo esempio più clamoroso ». E constata nell’ultimo decennio «una crescente fiducia delle istituzioni nello sviluppo del mercato digitale come nuova frontiera della tv per bambini a fronte di un progressivo disimpegno normativo non solo sul fronte analogico ma anche su quello generalista».
Come sottolinea la Sangiorgio, sussiste anche il problema della qualità dei programmi trasmessi: «Oramai i cartoni animati non sono più sinonimo di tranquillità per i genitori», spiega riferendosi a una ricerca sui valori nei cartoni effettuata da Mediaset e Osservatorio di Pavia. Mentre l’ultima ricerca finanziata dall’Unione Europea è dedicata a minori e internet. «Ormai il concetto di fascia protetta è superato dai tempi – spiega la Sangiorgio –. Ben vengano i paletti e le sanzioni, ma i nuovi mezzi come internet sfuggono ai controlli. Occorre studiarli e superare la logica dei divieti stimolando la produzione di prodotti di qualità».
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