UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Tv e bambini:
l'Italia rischia sanzioni UE

La tv italiana si dimenti­ca dei bambini, mentre loro vi rimangono in­collati per ore già dalla prima infanzia: la Commissione europea denuncia il «progressivo smantellamento» dei sistemi di protezione dei minori. Il Comitato media e minori lancia l’allarme.
22 Dicembre 2011
La tv italiana si dimenti­ca dei bambini, mentre loro vi rimangono in­collati per ore già dalla prima infanzia. E quando crescono si dividono tra piccolo scher­mo ed internet, dove i perico­li sono ancora maggiori. I me­dia nazionali, in più, propi­nano programmi nocivi e pubblicità fuorvianti a tutte le ore del giorno, forti anche di una legislazione a maglie lar­ghe, tanto che l’Italia ora ri­schia una procedura d’infra­zione da parte dell’Europa, che ha dato tempo fino al 29 marzo per correggere il tiro.

A mettere ancora il nostro Paese nel mirino dell’Ue un decreto del precedente ese­cutivo (n. 44 del 16 marzo 2010) che consente la tra­smissione televisiva di servizi gravemente pericolosi per la salute dei minori (pornogra­fia e violenza gratuita) nella fascia diurna di programma­zione. Tutto questo in contra­sto con la direttiva europea sui servizi di media audiovisivi.
L’allarme lanciato dal presi­dente del comitato media e minori, Franco Mugerli, in oc­casione della giornata nazio­nale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza fa eco alle conclusioni cui è giunta l’in­dagine conoscitiva sulla tute­la dei minori nei mezzi di co­municazione della Commis­sione bicamerale per l’infan­zia e l’adolescenza.
Oltre ad aver sottolineato «con rammarico l’aperto con­trasto con le direttive Ue», la Commissione infatti ha ag­giunto che nel nostro Paese «si sta realizzando un allar­mante progressivo smantel­lamento » del sistema della protezione dei minori in tv. In più a preoccupare è anche le delibera del luglio scorso con cui l’Ag­com «ha legit­timato la tra­smissione di film vietati ai minori di 14 anni in orario di televisione per tutti», non consentita dal decreto Roma­ni, purché con l’utilizzo del
parental control. Occorrono leggi, ma da sole non basta­no; serve infatti arrivare ad u­na «razionalizzazione delle norme e a un codice di tutela dei minori nei media», ha pro­posto Mugerli, insieme ad un’educazione all’utilizzo dei media.
Internet e le nuove tecnologie non vanno demonizzate, ma regolamentate ad un livello che supera i confini naziona­li. In casa nostra, intanto, il cambiamento da attuare è culturale e si potrebbe inizia­re, spiega la Commissione, «introducendo nei program­mi delle scuole corsi di edu­cazione ai media per svilup­pare nei giovani un’informa­zione critica», anche sui rischi connessi al web. In più si po­trebbe vietare gli spot nei pro­grammi dedicati ai più picco­li. I nativi digitali italiani, di­fatti, utilizzano più precoce­mente e più a lungo in Euro­pa i nuovi media, ma non san­no difendersi dai loro rischi. Nel nostro Paese poi sono in aumento il cyberbullismo e il grooming, cioè l’adescamen­to online, perciò tra le propo­ste c’è anche l’introduzione di questi reati. I giovani infatti hanno accesso ad internet o alla telefonia mobile già pri­ma dei 7 anni e, inoltre, il 62% dei minori italiani va nel mon­do 2.0 senza il controllo di un adulto, contro una media eu­ropea del 49%. In una situa­zione del genere, ha infine precisato il neo sottosegreta­rio alla Politiche sociali Ceci­lia Guerra, bisogna innanzi­tutto mettere «nero su bianco i livelli essenziali di tutela dei minori, ma anche in altri campi», primo passo per u­scire fuori dall’attuale stallo.