«Per noi ogni tv, grande o piccola che sia, è un’occasione di sviluppo economico e culturale, e va dunque salvaguardata». Il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, prova a rassicurare le emittenti locali che, dopo il taglio di nove frequenze deciso dal governo per destinarle alla telefonia mobile, sentono vacillare la possibilità di trasmettere con i propri ripetitori. A cominciare dalle piccole tv. «È nostra intenzione tutelare e rafforzare questo patrimonio, che svolge un ruolo sociale e culturale insostituibile – spiega il ministro –. Conosco bene l’importanza delle emittenti comunitarie sul territorio. Il loro lavoro va ben oltre la logica di mercato, offrendo servizi e contenuti per migliaia di persone».
L’inchiesta del quotidiano dei cattolici è entrata nell’ufficio del ministro. «Ho seguito con attenzione il dibattito portato avanti da Avvenire sulla digitalizzazione delle frequenze. Comprendo, anche per storia personale, le ansie e le preoccupazioni espresse da alcuni piccoli editori televisivi. Proprio per questo vorrei dire loro: non ci sarà alcuna mattanza, alcun esproprio delle frequenze. Al contrario, stiamo aprendo più spazi di espressione e canali di comunicazione, rafforzando l’offerta del servizio pubblico e del pluralismo». Certo l’affollamento dell’etere – anche per la riduzione dei canali – è un dato di fatto. «Ma abbiamo già individuato le strade tecniche perché ogni emittente locale possa continuare a trasmettere come e meglio di prima», afferma Romani.
Una via d’uscita su cui punta il ministero è quella di incentivare le aggregazioni fra le piccole con un «percorso premiale » che consenta di assegnare loro almeno un canale. In pratica un’unica frequenza sarà coabitata da più tv che potranno utilizzare i sei spazi previsti da ciascun multiplex. Questa prospettiva sarà favorita dai bandi elaborati dal ministero in base ai quali saranno stilate le graduatorie regionali. L’ipotesi allo studio prevede punteggi aggiuntivi per i consorzi di tv. Un meccanismo che attenua gli effetti dei quattro parametri indicati dalla legge per stabilire quali emittenti riceveranno i canali: patrimonio netto, organico, coperta del segnale e longevità. Criteri che – senza rimedi – avrebbero penalizzato le tv comunitarie, come quelle d’ispirazione cattolica, che si fondano sul volontariato e chiudono i bilanci a fatica. Due le possibilità di condivisioni: quella fra soggetti che operano in aree diverse (ad esempio, province differenti) oppure fra emittenti attive nella stessa zona che potranno dividersi un unico mux.
Il primo bando riguarderà la Liguria e uscirà la prossima settimana. Poi sarà la volta di quello della Toscana che verrà reso noto la settimana successiva. E proprio la Toscana è definita dal ministero una «regione critica per il rapporto fra numero di emittenti operanti e frequenze disponibili». Le altre aree da bollino rosso sono Sicilia e parte della Puglia (fra quelle da digitalizzare), e poi Lombardia, Campania e Lazio (già passate al digitale). Per il ministero, potrebbero essere in bilico meno di cento tv anche se «l’intera operazione verrà rimodulata passo dopo passo» per apportare eventuali correttivi.
Poi il dicastero favorirà una «razionalizzazione dell’etere». Attraverso incentivi economici saranno promosse «cessioni volontarie» di canali sia da parte degli operatori che ne hanno più di uno (come le tv regionali che in analogico potevano avere anche quattro frequenze), sia delle tv che ritengono la gestione degli impianti di trasmissione solo un onore. La somma per gli indennizzi sarà pari a un decimo degli introiti della gara per la banda larga mobile: la stima è di almeno 300 milioni di euro da destinare alle tv locali. Secondo il ministero, le misure di compensazione consentiranno di liberare frequenze di cui beneficeranno le piccole. Altra strada è la pianificazione delle frequenze 'minori'. Di fatto potranno essere istallati impianti a bassa potenza che coprono magari una valle o una città e che rappresentano ulteriori «soluzioni frequenziali» per agevolare la trasmissione delle piccole. Sarà comunque l’Agcom a valutare ciascun caso. In ultima battuta resta l’affitto di uno spazio nei mux. È il must carry che obbliga l’emittente con la rete di trasmissione a concedere almeno due dei suoi sei programmi. I canoni saranno contenuti – sottolinea il ministero – e le condizioni contrattuali garantiranno l’effettiva diffusione del segnale. A detta dei tecnici del dicastero, il mix fra aggregazioni di tv, incentivi economici e must carry ridurrà l’impatto del taglio di frequenze sulle locali. «E se si verificheranno problemi, connaturati a transizioni così complesse – garantisce Romani –, faremo il possibile per risolverli » anche «continuando a confrontarci con categorie e operatori».