UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Tv locali: un futuro
con troppe incognite

Le tv locali attendono i bandi regio­nali. I primi in agenda, quelli per Li­guria e Toscana, usciranno fra pochi giorni e saranno il banco di prova per capire come le «piccole» po­tranno salvarsi dal taglio di nove frequen­ze tv deciso dal governo per destinarle al­la telefonia mobile.
8 Agosto 2011
Le tv locali attendono i bandi regio­nali. I primi in agenda, quelli per Li­guria e Toscana, usciranno dagli uf­fici del Ministero dello sviluppo economi­co fra pochi giorni. E saranno il banco di prova per capire come le «piccole» po­tranno salvarsi dal taglio di nove frequen­ze tv deciso dal governo per destinarle al­la telefonia mobile. Bandi da cui scaturi­ranno le graduatorie delle emittenti che potranno mantenere accesi i ripetitori.

Soprattutto il «caso» Toscana, in cui si pas­serà al digitale entro dicembre e dove le e­mittenti sono 70 ma i canali appena 19, potrà dare una prima risposta alla «guer­ra » di cifre sulle tv a rischio. Per il ministe­ro, sono meno di cento. Secondo le asso­ciazioni di categoria (a cominciare dalla Aeranti-Corallo), in bilico ci sono fra le 200 e le 250 emittenti.
«Non ci sarà alcuna mattanza, alcun e­sproprio delle frequenze – ha annunciato ad Avvenire il ministro Paolo Romani –. Al contrario, stiamo aprendo più spazi di e­spressione e canali di comunicazione rafforzando l’offerta del servizio pubblico e del pluralismo». E sulle «piccole» ha spie­gato: «È nostra intenzione tutelare e raffor­zare questo patrimonio che svolge un ruo­lo sociale e culturale insostituibile. Il loro lavoro va ben oltre la logica di mercato, of­frendo servizi e contenuti per migliaia di persone». Il riferimento è ai quattro para­metri indicati dalla legge per determinare quali tv conserveranno la rete: patrimonio netto, personale assunto, area coperta del segnale e longevità. Criteri che penalizza­no le emittenti provinciali e comunitarie, come quelle d’ispirazione cattolica, che spesso si fondano sul volontariato, non muovono cifre consistenti e insistono su zone non eccessivamente ampie.
La proposta che nel dicastero di Romani considerano una via d’uscita è quella del­le aggregazioni fra le locali: di fatto, più e­mittenti potranno consorziarsi per veder­si assegnare una frequenza e poi dividere l’utilizzo dei sei canali che formano il mux. Resta da capire come eventuali intese ver­ranno premiate dai bandi (un’ipotesi è quella di punteggi aggiuntivi).
I tecnici del ministero guardano anche al­la «cessione volontaria» di frequenze da parte di tv che ne hanno più di una o di e­mittenti che considerano gli impianti sol­tanto un onore. Però l’esito dell’operazio­ne dipenderà dagli indennizzi che il dica­stero calerà sul tavolo. Comunque alle locali non piace la scelta di assegnare in modo gratuito altre sei fre­quenze ai network nazionali e l’idea di af­fittare spazi dagli operatori televisivi. In­somma, ancora restano gli ostacoli nella corsa al digitale che si concluderà – senza frenate e possibilità di appello – a giugno del prossimo anno.
 
In allegato ulteriori approfondimenti, le storie di alcune tv e un'intervista a Paolo Taggi.