UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Umanizzare il virtuale sfida educativa nel web

Secondo monsignor Dome­nico Pompili, sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, è arrivato il momento di leggere in chiave dialettica la contrapposizione tra vir­tuale e reale: «virtuale è diverso da at­tuale, non da reale»
23 Novembre 2009
La pagina in cui Antoine de Saint- Exupéry racconta della volpe, che chiede al Piccolo principe di essere «addomesticata» perché vuole creare dei legami, suo­na come una provocazione per la web generation. Eppure bisognereb­be ripartire da qui per essere testi­moni capaci di comunione, come è emerso nella seconda giornata del convegno dei rettori ed educatori dei Seminari d’Italia sulla formazione dei futuri presbiteri nella società di­gitale – a Rocca di Papa fino a oggi.
  «Occorre educare all’amore vero, al superamento di sé che apre all’amo­re di Dio e dei fratelli», ha affermato don Alessandro Ravaglioli, psicologo e docente alla Gregoriana, sottoli­neando che questo significa «ap­profondire la conoscenza del proprio mondo emotivo-affettivo per poter accogliere l’altro senza strumentaliz­zarlo e attribuire la giusta dose d’a­more a oggetti e situazioni». Non si tratta, ha chiarito, di proporre «una sdolcinata educazione sentimenta­le », ma di aiutare la persona in Semi­nario a prendere maggiormente con­tatto con il proprio mondo interiore, fatto di entusiasmi, delusioni, aspet­tative, idee e valori. Grazie a tale pro­cesso di «auto-appropriazione», ha spiegato, «sarà meno ardua la gestio­ne di inclinazioni e reazioni imme­diate ». Un percorso che sappia «sti­molare l’ortopatia», cioè il corretto sentire, oltre che «purificare le moti­vazioni, smascherando il bene appa­rente e le manipolazioni nelle rela­zioni con gli altri». Tutto ciò, eviden- temente, «ha ricadute fonda­mentali anche sull’identità sessuale».
  In una società mediatica e virtuale, attraente e sperso­nalizzata, la sfida è quella di imparare a conoscere se stes­si e recuperare la dimensio­ne interpersonale. «Partendo dal presupposto che i giova­ni sono i primi a rendersi conto delle potenzialità e dei rischi del mondo digitale, ser­ve una bonifica delle relazioni che so­no spesso schermate», ha auspicato don Raffaele Ponticelli, padre spiri­tuale del Seminario Maggiore di Na­poli, intervenendo alla tavola roton­da coordinata da don Nico Dal Molin, direttore del Centro nazionale voca­zioni della Cei. «L’uomo del XXI se­colo versa in una solitudine spaven­tosa, più comunica e meno parla», ha osservato il massmediologo Giaco­mo Coccolini mettendo in guardia dal rischio di «comunicazioni rarefatte». Inoltre, nell’ottica di un ripensamen­to dei cammini di formazione dei fu­turi sacerdoti, alla luce dei cambia­menti che viviamo, è quanto mai es­senziale «favorire il discernimento co­munitario, oltre che rileggere i con­testi abitativi e gli spazi architettoni­ci per rendere il Seminario sempre più casa di comunione», ha suggeri­to monsignor Andrea Caelli, rettore del Seminario di Como.
  Senza dimenticare l’importanza di «formare i formatori», mantenendo sempre un atteggiamento critico, ma positivo. Secondo monsignor Dome­nico Pompili, sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, è arrivato in­fatti il momento di leggere in chiave dialettica la contrapposizione tra vir­tuale e reale: «virtuale è diverso da at­tuale, non da reale», ha precisato. «Non si tratta – ha detto – di decidere se accettare i nuovi linguaggi o met­tere in atto tattiche di contenimento, ma di interpretarli nel modo più u­manizzante possibile». In fondo, il vir­tuale può trasformarsi in richiamo al­la dimensione spirituale. Come ripe­teva il Piccolo Principe «l’essenziale è invisibile agli occhi».
 

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