Il primo giornalista italiano a diventare beato. Odoardo Focherini, giornalista e amministratore delegato dell’Avvenire d’Italia, verrà beatificato il 15 giugno in piazza Martiri a Carpi nella celebrazione presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. «Questo evento, come la beatificazione del 25 maggio di padre Pino Puglisi, ci pone davanti agli occhi la realtà e l’esempio di scelte di adesione a Cristo che culminano nel sacrificio totale di sé» ha detto Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, durante il convegno «Fede e martirio. La testimonianza del Beato Odoardo Focherini» organizzato nei giorni scorsi dall’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi) a Bologna.
Focherini, carpigiano, durante la seconda guerra mondiale riuscì a salvare più di un centinaio di ebrei. Arrestato, venne deportato in Germania nel campo di Flossenburg e poi nel sottocampo di Hersbruck, dove morì il 27 dicembre 1944, a soli 37 anni. Un uomo che si oppose alla follia anti-ebraica del nazismo e del fascismo e seppe riconoscere il bene «che resta – ha detto Tarquinio – la difesa della verità dell’uomo e sull’uomo. Questa sua radicale obiezione di cristiano di fronte a una terribile volontà di discriminazione e di sterminio è ancora oggi la sola risposta in coscienza possibile alla disumanità, comunque essa si manifesti». «Noi comunicatori, noi giornalisti – ha continuato il direttore di Avvenire – siamo spesso quelli della scrittura suggestiva, a volte mobilitante e persino sferzante, ma siamo pure quelli dell’incoerenza esistenziale ».
«La beatificazione di Odoardo Focherini è non solo un evento di grande rilevanza ecclesiale – ha detto monsignor Ernesto Vecchi, delegato per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna –. Per i giornalisti e i comunicatori è anche un’occasione per riflettere e prendere le distanze dall’imperante individualismo libertario, con una resistenza attiva, che ridia spazio alla forza dello Spirito, in barba ai vergognosi e corali adeguamenti al 'politicamente corretto'».
Un laico beato «ci insegna che la vita di tutti noi può essere vissuta in modo speciale – ha detto Paolo Trionfini, vicepresidente di Azione cattolica – e arrivare a toccare mete molto elevate». Il legame di Focherini con il quotidiano di Bologna fu molto forte, tanto da occupare la maggior parte delle 166 lettere scritte alla moglie e agli amici negli ultimi nove mesi di vita. «L’esistenza di Focherini – ha continuato Tarquinio – ci conferma che un 'uomo di parole' può essere nel modo più esemplare anche un 'uomo di parola'».
Focherini diede il meglio di sé come saggio e affidabile amministratore di giornale. «Non era quello che definiremmo un giornalista scintillante – ha specificato Tarquinio – ma la sua coraggiosa testimonianza nell’oscurità della notte del male assoluto, nel tempo della Shoah, è stata ed è esattamente questo: scintillante, di una semplicità purissima». «La beatificazione di quest’uomo – ha concluso monsignor Vecchi – rimette alla nostra attenzione la grande proposta di Benedetto XVI: abbandonare l’idea che una democrazia debba esprimersi come se Dio non esistesse, ma secondo l’orizzonte opposto».