Così cinque comunicatori cattolici, protagonisti del convegno che si è tenuto nei giorni scorsi ad Assisi, ci aiutano a comprendere come la tecnologia detti legge nella gestione dei nostri rapporti personali. Siamo uomini o algoritmi? Domanda paradossale, ma nei fatti pertinente: è a tal punto affidata alla tecnologia la gestione di parti rilevanti della nostra vita che c’è da chiedersi se ancora sapremmo prescinderne. Intanto gli algoritmi dettano legge, intromettendosi in modo apparentemente arbitrario (in realtà tecnicamente inesorabile) nelle nostre frequentazioni online, traducendo nel loro linguaggio astratto la concretezza di legami umani. Di questi, allora, cosa ne resta, e cosa diventano? Una questione tutt'altro che speculativa, se si pensa a quanto anche il senso della relazione e lo stesso spirito comunitario dipende da persone (da credenti) ormai abituate ad appaltare allo smartphone una parte significativa dei propri rapporti personali. Ancor meno si sottrae a questo sottile e dilagante dispotismo digitale l’informazione ecclesiale, che si rivolge a utenti interni ma anche a chi sta al di fuori della comunità cristiana. La Chiesa si trova così a testimoniare, con la propria stessa presenza e comunicando ciò che fa, quel senso della comunità che la società va smarrendo e del quale diventa preziosa custode a nome di tutti. Anche di questo ha ragionato nei giorni scorsi ad Assisi, il convegno dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali.
Interessante sbirciare negli appunti che 5 comunicatori cattolici protagonisti delle giornate assisane condividono con il Portaparola di Avvenire: Maloberti, Paone, Mocellin, Madeddu, Parisi.
In allegato la pagina del quotidiano dei cattolici.