UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Una finestra aperta sulla Chiesa

Una tavola rotonda pro­mossa dal Master in Gior­nalismo della Lumsa in collaborazione con l’Ucsi ha messo a fuoco il tema «La na­scita e lo sviluppo della Sa­la Stampa vaticana: dal Concilio ad oggi». Tra i partecipanti anche padre Federico Lombardi e il presidente dell'UCSI Andrea Melodia.
7 Novembre 2012
La scelta della traspa­renza è «la via obbli­gata da percorrere con coraggio per il bene e la credibilità della Chiesa». In questo cammino, la Sa­la Stampa della Santa Sede rappresenta «il luogo cru­ciale dove si sperimenta concretamente ed esisten­zialmente tale domanda, oltre ad essere una pale­stra di linguaggi sempre più accessibili e una vetri­na di presentazione delle attività per dare rilievo al­le buone notizie». È una consapevolezza che ha il sapore di una dichiarazio­ne di intenti quella e­spressa da padre Federico Lombardi riguardo al ruo­lo della Sala Stampa vati­cana di cui è direttore dal luglio 2006. La vicenda de­gli abusi sessuali compiu­ti da ecclesiastici e le que­stioni relative all’attività e­conomica del Vaticano so­no state «un banco di pro­va per la crescita della tra­sparenza», ha commenta­to Lombardi intervenendo alla tavola rotonda «La na­scita e lo sviluppo della Sa­la Stampa vaticana: dal Concilio ad oggi», pro­mossa dal Master in Gior­nalismo della Lumsa in collaborazione con l’Ucsi. Se oggi infatti «la Chiesa è all’avanguardia nel valo­rizzare la libertà di espres­sione e l’uso dei nuovi me­dia», i recenti eventi han­no mostrato che «l’equili­brio tra trasparenza ed e­sigenza di riservatezza non è ancora del tutto ri­solto», ha aggiunto da par­te sua Andrea Melodia, presidente dell’Ucsi, dopo il saluto del rettore della Lumsa, Giuseppe Dalla Torre. Di fatto, «dopo il Concilio, quando c’è stata una sorta di festa di nozze tra informazione e Chiesa cattolica, a partire dal ’68 – ha ricordato il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, do­po un’introduzione dello storico Giuseppe Ignesti – questa luna di miele si è interrotta ed è iniziata una serie di crisi che tuttavia hanno fatto bene allo sfor­zo mediatico della Santa Sede, accelerando la sua incessante necessità di ag­giornamento».

Così, alla morte di Pio XII, l’intuizione di Giovanni Battista Montini, allora giovane sostituto alla Se­greteria di Stato, di non la­sciare soli i giornalisti che si occupavano dell’infor­mazione religiosa si tra­dusse nella creazione pri­ma di un piccolo ufficio al­l’interno dei locali del­l’Osservatore Romano e poi della Sala Stampa vera e propria, istituita nel 1966 come evoluzione del ser­vizio che supportava i cro­nisti delle assise concilia­ri. «Con il Concilio ci fu u­na grande svolta da parte del mondo della comuni­cazione che cominciò a parlare di Chiesa univer­sale e abbandonò i clichés anticlericali», ha osservato Gian Franco Svidercoschi, vaticanista e scrittore che seguì i lavori del Concilio. Insieme a Raniero La Val­le, all’epoca direttore de L’Avvenire d’Italia, per il quale «il Concilio era una buona notizia» da dare e che per questo occorreva liberare dal «segreto» che durante la prima sessione aveva vincolato sia chi vi partecipava che i semplici fedeli.
In questi 50 anni, dunque, lo sviluppo delle strutture informative della Santa Se­de è stato sempre motiva­to da quella «volontà di e­sprimere lo spirito di ser­vizio della Chiesa e non solo le disposizioni di go­verno » evocata nel ricordo commosso di monsignor Pierfranco Pastore, vice di­rettore della Sala Stampa fino ai primi anni Ottanta. «Bisognava rispettare il di­ritto della gente ad essere informata», ha rilevato Joaquin Navarro Valls, ce­lebre portavoce di Giovan­ni Paolo II sottolineando «l’ampiezza geografica po­tenzialmente universale» del lavoro della Sala Stam­pa. Che, ha concluso Gen­naro Iasevoli, docente di gestione delle imprese al­la Lumsa, ha dimostrato di essere «un’organizzazione vitale, capace cioè di adat­tarsi alle dinamiche evo­lutive del contesto».