UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Unione Europea: nei TG italiani se ne parla per 16 secondi al giorno!

Nel periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2010, rispetto agli altri soggetti, l’Ue ha occupato una posizione del tutto marginale nei principali Tg nazionali: l’1,6% della durata complessiva dei notiziari. In totale 11 ore, 33 minuti e 22 secondi in un anno, in media 16 secondi al giorno.
4 Febbraio 2011
“Nonostante le ingenti forze messe in campo da Bruxelles si riscontra una grande difficoltà a far ‘passare’ a livello nazionale le informazioni sull’Ue”. Lo ha detto ieri sera a Roma Thierry Vissol, consigliere per la comunicazione della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, introducendo l’incontro tenutosi presso lo “Spazio Europa” della stessa Rappresentanza e dell’Ufficio per l’Italia del Parlamento europeo per presentare la ricerca “Notizie da Bruxelles. Logiche e problemi della costruzione giornalistica dell’Ue” (ed. Franco Angeli 2010) di Alessio Cornia, ricercatore dell’Università di Perugia. A confermare l’affermazione di Vissol sulla scarsa presenza dell’Unione europea nei media nazionali è, con riferimento all’Italia, lo stesso Cornia citando i dati dell’ultima indagine Agcom-Isimm “Ricerche sul pluralismo politico-sociale”. Secondo la rilevazione, nel periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2010, rispetto agli altri soggetti, l’Ue ha occupato una posizione del tutto marginale nei principali Tg nazionali: l’1,6% della durata complessiva dei notiziari. In totale 11 ore, 33 minuti e 22 secondi in un anno, in media 16 secondi al giorno. I notiziari più “europei” risultano essere il Tg1 e il Tg3 Rai, seguiti da Tg2, Tg5 e TgLa7. Fanalini di coda Tg4 e Studio aperto.
“I responsabili delle testate nazionali ritengono gli argomenti europei noiosi, troppo tecnici e poco corrispondenti ai criteri di negoziabilità, eppure – ha sottolineato ieri sera Vissol a Roma – parte delle legislazioni nazionali degli Stati membri è costituita dal recepimento di direttive e regolamenti brussellesi”, né si possono considerare irrilevanti i “Fondi comunitari, 130 miliardi di euro da spendere ogni anno nei diversi Paesi”. Per Tiziana Di Simone, giornalista GR Parlamento e già corrispondente Rai da Bruxelles, “non è facile individuare che cosa interessi realmente sapere ai cittadini, ma occorre riflettere sul fatto che non esiste ancora un’opinione pubblica europea e chiedersene i motivi”. Rispondendo a chi definisce l’informazione istituzionale europea troppo ingessata e timorosa di far trapelare le conflittualità interne, Clara Albani, direttrice Ufficio per l’Italia del Parlamento europeo, sostiene che ultimamente “lo stile comunicativo è cambiato e lo stesso Parlamento ha deciso di mostrare che il voto finale è spesso frutto di un grande lavoro di negoziati e di compromesso”. La giornalista definisce “tragici” i dati forniti da Cornia, ma esprime soddisfazione perché “nel nuovo contratto triennale di servizio Rai varato oggi (ieri per chi legge, ndr) è stato inserito l’obbligo dell’informazione sull’Ue”.
“Mi terrorizzano i 16 secondi al giorno che i nostri Tg dedicano all’Ue, ma mi terrorizza anche un’informazione fornita, in Italia o altrove, per contratto”, ha detto Giampiero Gramaglia, direttore di Agence Europe, intervenuto ieri sera a Roma all’incontro presso la Rappresentanza Ue. “Come giornalista – ha affermato - potrò dirmi soddisfatto solo quando questa informazione verrà ritenuta utile e interessante per i cittadini”. Secondo il direttore di Agence Europe, le logiche del “newsmaking” sono le stesse ovunque: “a Bruxelles come a Roma, a Parigi o a Mosca, così come la logica del rapporto con le fonti: concorrenza e al tempo stesso collaborazione”. Ciò che invece “è esclusivamente brussellese è la difficoltà a far passare la notizia europea”. “Ma siamo sicuri – ha invitato a riflettere – che questa affermazione non nasconda un tentativo di scarico di responsabilità?”. Gramagna ha raccontato che negli anni Ottanta a Bruxelles i giornalisti accreditati erano meno di 500; ora sono circa mille, eppure “al rendez-vous de midi (il briefing quotidiano presso la Commissione, ndr) ne vengono al massimo 50”. Per il direttore di Agence Europe, “mentre negli Usa viene privilegiato il ‘corpo stampa’ della Casa Bianca, alla Commissione europea ciò si è perduto e i giornalisti vengono inondati di comunicati via mail”, ma “l’avere messo tutto a disposizione di tutti in tempo reale ha ‘ucciso’ la notizia”.