Una ricerca preziosa, orientata nel solco dell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco e in continuità con il pensiero di Leone XIV, che fin dalle prime battute del suo Pontificato ha manifestato la volontà di rilanciare la Dottrina Sociale, con cui la Chiesa - operando da comunità vera trasformata in ospedale da campo - potrà stare nella storia con amore, affrontando le sfide di oggi come le guerre, le disuguaglianze, la povertà diffusa, il lavoro precario o che non c’è, una finanza con il suo dio-denaro, le delicate e complesse questioni legate all’Intelligenza artificiale e alla rivoluzione digitale. A proporla è don Giovanni Momigli, direttore dell'Ufficio problemi sociali-lavoro dell'Arcidiocesi di Firenze, parroco di Santa Maria a Scandicci dopo la ventennale esperienza fatta nello storico insediamento cinese di San Donnino, e da giovane motivato sindacalista della Cisl, prima di entrare in seminario.
Con il volume “Vangelo e città. Cristiani e cittadini” (Edizioni Messaggero Padova, pagine 220) è tornato a esplorare le possibili strade di evangelizzazione nei centri urbani e in particolare nelle periferie, spesso laboratorio di convivenza sotto il profilo etnico e demografico. Tema già affrontato in altri due libri di successo (“La città plurale” e “La Chiesa nella città”) analizzando con coraggio le problematiche del processo di inserimento dei migranti, comprese le difficoltà di adattamento, l’accesso ai servizi, la partecipazione alla vita comunitaria. Ora don Momigli si pone altre domande scomode, che condivide con chi accetta di rischiare il “corpo a corpo” e di sporcarsi le mani con i problemi, con gli altri, con la realtà quotidiana. E naturalmente con le circostanze complesse di questo nostro tempo nel quale la Chiesa, “maestra di umanità”, ha preso atto non solo della fine della così detta “cristianità”, ma anche della sua irrevocabilità. Una Chiesa che non deve arroccarsi ma testimoniare, nella società “accelerata” in cui siamo immersi, una capacità di “abbraccio” dell’umano nella sua interezza, non astrattamente ma in riferimento agli uomini e alle donne reali, con le loro gioie e i loro dolori, con le loro difficoltà e situazioni di indigenza spirituale e materiale. Come sottolinea nella prefazione l’arcivescovo di Firenze, mons. Gherardo Gambelli, sensibile al tema dell’accoglienza dei migranti e della loro dignitosa integrazione anche in virtù del decennale Servizio missionario in Ciad. Si tratta di superare il divorzio tra cultura, etica e politica maturato negli anni e che - osserva mons. Gambelli – “ha prodotto un bipolarismo culturalmente e politicamente inospitale - a destra come a sinistra - per chi non si accontenta degli slogan e del richiamo ai soli principi e cerca di riflettere, approfondire, elaborare e sviluppare un ragionamento capace di far fare qualche passo avanti”.
Allora c’è bisogno di “buona politica”, ma ripensando al ruolo dei cattolici, un nuovo partito è tutt’altro che sufficiente per “rigenerare” il Paese. Intanto, alimentando il coraggio di assumere le scelte più adeguate, per Momigli è urgente fare “un’approfondita riflessione su come nelle parrocchie si educa alla dimensione sociale della fede, su come concretamente viene vissuta la pratica religiosa, su come si forma a una cittadinanza matura”. Cittadinanza matura che si costruisce appunto partendo dalla base. Guardando ai giovani, il futuro della società e di una Chiesa che sia “faro per le notti del mondo”. Giovani che vanno ascoltati, incuriositi e pure educati su come dovranno poi prepararsi al rapporto col lavoro e sulle responsabilità nel crearsi una famiglia. Formati non meno nel modo di abitare oggi il mondo digitale, spesso affollato di umanità ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza.
Antonio Lovascio