UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Venezia: “Mass media, raccontate la vita buona”

Sabato 22 gennaio a Venezia, in occasione della festa di San Francesco di Sales, si è tenuto un dialogo tra il patriarca Scola e il direttore di "Repubblica" Mauro.
24 Gennaio 2011
Una società laica può vivere indipen­dentemente da Dio? Ezio Mauro, di­rettore de La Repubblica, lo lascia in­tuire, seppur dopo aver manifestato la più am­pia considerazione per la Chiesa e pieno ri­spetto per la verità che testimonia e che, a suo dire, dovrebbe essere ritenuta un valore anche per i non credenti. Il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, che con Mauro ha dialogato lo scorso 22 gennaio in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, ha ovviamente una convinzione opposta.
«Invito tutti a partire dall’ipotesi contraria a quella accennata dal direttore, e cioè che è più conveniente per la società vivere non indi­pendentemente da Dio. Anche nel rispetto della tradizione del nostro Paese. È più co­struttivo e confacente al bisogno del popolo l’ipotesi che il riferimento a Dio sia benefico e consenta la vita buona a cui la nostra società aspira». Sempre che la vita buona sia ritenu­ta indispensabile per l’edificazione – puntua­lizza il patriarca – del bene comune. E tutto questo – precisa ancora Scola cercando di ras­sicurare Mauro nelle sue preoccupazioni – al di fuori d’ogni logica impositiva. L’uomo, in­fatti, si dà in relazione: con se stesso, con gli altri, con Dio. Tre relazioni che l’uomo incon­tra «oggettivamente» e che anche per il non credente o il 'diversamente' credente «c’è tut­to lo spazio di verificarlo», ancorché non ab­bia ancora scoperto Dio e a lui si limiti a rap­portarsi come con «una grande X». L’incontro al quale hanno partecipato numerosi giorna­listi di tutte le testate veneziane, oltre che i ver­tici dell’Ordine professionale regionale, è sta­to preceduto dalla celebrazione dell’Eucari­stia, nella cripta della Basilica di San Marco, con la partecipazione, tra gli altri, del vesco­vo ausiliare Beniamino Pizziol e del direttore di Gente Veneta don Sandro Vigani. Nell’in­troduzione del dialogo Mauro ha fra l’altro sottolineato l’importanza che la Chiesa con­tinui ad avere «idee forti», perché utili alla so­cietà, e di cui, ha precisato, «la cultura laica non dovrebbe avere paura». Soffermandosi sul lavoro giornalistico, ha osservato che que­sto «è la ricerca di senso, di significato», non mero flusso di informazioni.
Alla prima domanda su come gli uomini di Chiesa debbono stare dentro la società plurale, Scola ha risposto che «anzitutto va accettata», anche se si presenta in termini conflittuali. E che poi bisogna portare al suo interno la pro­pria esperienza di vita. A questo punto va al­largato il concetto stesso di laicità, attraverso una continua narrazione di sé in vista di un co­mune riconoscimento reciproco. «Sono con­vinto che la società sia tanto più avanzata e ci­vile – ha esemplificato Scola – quanto più la famiglia è solida, fondata sull’unione stabile di un uomo e di una donna ed aperta alla vi­ta ». Stuzzicato da Mauro ad entrare nel meri­to delle vicende politiche e di costume, il car­dinale Scola ha fra l’altro sottolineato che «è sempre sbagliato il populismo che scavalca le regole comuni» e che «non bisogna mai rom­pere il trinomio diritti-doveri-leggi».
Secondo taluni osservatori, il populismo trae fondamento anche dalla società civile, che pertanto va considerata superata. Invece no, secondo il patriarca. La società civile è una ricchezza irrinunciabile, perché altrimenti ne perderebbe la democrazia. Ricchezza, quin­di, da tutelare e semmai ulteriormente valo­rizzare. Con le istituzioni che non entrano nel merito della sua gestione, ma semmai la go­vernano. Il patriarca ha infine precisato – alla richiesta di commentare le ultime vicende del presidente del Consiglio – che l’episcopato i­taliano è coeso quando si tratta di dare giudi­zi chiari su questioni dottrinarie o morali.