Interpretare sempre i fatti in favore del prossimo, come suggerisce san Francesco di Sales. È l’invito che il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, ha fatto ai giornalisti incontrati in occasione della festa del patrono. Prima la Messa nella cripta della Basilica di San Marco, poi l’intervista del direttore de La Stampa , Mario Calabresi, con il patriarca.
« Non credo che, nel vostro mestiere – ha spiegato Scola – si possa separare l’informazione dalla sua forza sociale. Perciò voi siete informatori e inesorabilmente costruttori o decostruttori della vita buona». E se il giornalista pretende soltanto di fotografare la realtà, Scola sostiene che « questo non basta » perché la promozione della vita buona «non tocca solo al politico piuttosto che all’operatore economico o a quello sociale » , ma anche a chi informa. Altrimenti si rischia – secondo il patriarca – il delirio di onnipotenza, in quanto «la realtà è testarda» e nessuno, proprio nessuno «riesce a manipolarla». Se Calabresi osserva che il giornalismo gridato, dai titoli eccessivi, «non è detto che faccia vendere una copia in più», Scola invita a non lasciarsi catturare dall’ «ossessione dell’audience». E questo perché l’ossessione – secondo Scola – «porta a scavare il più possibile nel torbido, per guadagnare lettori o ascoltatori». Per il patriarca, dunque, « è contro questo trend che un giornalismo innovativo e capace di futuro dovrebbe reagire, appoggiandosi all’affermazione del patrono san Francesco di Sales che di fronte ai fatti, dai mille aspetti, è criterio intelligente dare sempre l’interpretazione più benevola». «E, in ogni modo, anche di fronte all’errore manifesto o al limite di chi ha commesso qualche cosa di inescusabile, bisogna avere – insiste il cardinale – quella compassione che porta a evidenziare la genesi di questo errore, soprattutto nell’ignoranza e nella debolezza. Insomma c’è bisogno di un atteggiamento di amicizia solidale dentro questo società travagliata e dai tanti soggetti». «I mass media, secondo me – conclude Scola – se vogliono avere un ruolo di edificazione della società devono lavorare attraverso l’informazione corretta, a costruire questa amicizia solidale di cui la società plurale ha un’indiscussa necessità ma che purtroppo, anche nel nostro Paese, almeno ai livelli di guida, dei cosiddetti poteri, non si vede tanto».