Il Leone d’Oro al Faust di Aleksandr Sokurov era stato invocato dagli addetti ai lavori sui titoli di coda del film. E i cinefili sono stati accontentati. Il presidente della giuria chiamata a giudicare il concorso di Venezia 68 ha assegnato il premio più ambito a un’opera sontuosa, complessa, monumentale, visionaria che chiude la tetralogia del regista dedicata alla natura del potere e si interroga sull’inesauribile sete di conoscenza dell’uomo proiettato verso la modernità. Commosso, Sokurov ricorda la necessità di amarci l’un l’altro e di comprenderci, ringraziando tutti coloro che l’hanno accompagnato in un viaggio lungo e faticoso. E aggiunge: «Oggi fare cinema di qualità è sempre più difficile, mancano aiuti».
Il Leone d’argento per la regia è andato invece a
People Mountain People Sea, film cinese arrivato a sorpresa alla Mostra e diretto da Shangjun Cai che denuncia la condizione disumana alla quale sono condannati tanti cinesi ridotti quasi in schiavitù. Un film difficile che ha diviso i festivalieri, ma che conferma comunque il talento di un regista alla sua opera seconda. All’Italia invece il Premio Speciale della Giuria assegnato a
Terraferma di Emanuele Crialese (già nelle sale distribuito da 01) che affronta uno dei temi cardine del Festival, quello dell’immigrazione e dei diritti umani. «Ringrazio gli abitanti delle isole di Linosa e Lampedusa – ha detto il regista – per avermi insegnato a guardare oltre l’orizzonte angusto ». Ottima poi la scelta degli attori premiati con la Coppa Volpi. Il migliore interprete è l’americano Michael Fassbender per
Shame di Steve McQueen che esplora l’inferno interiore del protagonista condannato all’infelicità dai suoi stessi eccessi. Non un racconto compiaciuto delle bassezze umane, ma il ritratto doloroso di un uomo che invoca Dio sperando nella propria redenzione. La cinese Deanie Yip vince invece per la sua interpretazione in
A Simple Life di Ann Hui, uno dei film più solidi e convincenti del concorso (
vincitore anche del Premio Padre Nazareno Taddei, per il suo valore umano): attraverso la vicenda di un cineasta impegnato a prendersi cura della domestica che ha accudito la sua famiglia per quattro generazioni, la pellicola riflette su riconoscenza e dedizione, vecchiaia e morte e accompagna per mano senza retorica il pubblico che assisterà al dolce spegnersi dell’anziana donna.
I giapponesi Shota Sometani e Fumi Nikaido hanno ottenuto poi il Premio Marcello Mastroianni dedicato agli attori emergenti per il film Himizu di Sion Sono che ritira il riconoscimento e lo dedica al futuro dei giovani, dovunque essi siano. Il film racconta infatti di due ragazzi che cercano il proprio spazio in un mondo devastato dallo tsunami e dal disastro nucleare. Un premio discutibile (lo avrebbe, per esempio, meritato Cloe Moretz per il film Texas Killing Fields di Ami Canaan Mann) che fa salire a tre (decisamente troppi) i film asiatici finiti sul podio, così come è incomprensibile l’Osella per la migliore sceneggiatura al greco Alpis di Yorgos Lanthimos e Efthimis Filippou che parte da un’idea molto interessante – un’agenzia offre persone che si sostituiscono ai deceduti per aiutare le famiglie a elaborare il lutto – per poi perdersi in un plot spesso incomprensibile.
Meritato invece il premio alla fotografia di Cime tempestose di Andrea Arnold, un film non riuscito ma sostenuto da immagini che rendono gli aspri paesaggi i veri protagonisti della storia. Il Leone del futuro destinato alla migliore opera prima premia ancora una volta il grande tema del Festival e va a Labas di Guido Lombardo (selezionato dalla Settimana della critica) girato in Campania, ma interamente parlato in francese da immigrati nordafricani che hanno lasciato la propria terra per andare lontano, altrove, spinti dalla disperazione o dal desiderio di fare fortuna. Un affresco crudo e feroce del nostro paese dove a riportare un briciolo di umanità sono proprio coloro ai quali si tenta di strappare la propria identità. Occhi spalancati sulla realtà dunque, ma rivolti anche alle grandi domande dell’uomo: a Venezia vincono opere neorealiste e opere letterarie, piccoli film con attori non professionisti e grandi produzioni internazionali, l’Asia, Europa e l’America, ma rimangono fuori ottime pellicole come quelle di Polanski e Cronenberg, che pure si erano piazzate tra le favorite. Ma ora la parola passa al pubblico.