UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Zanussi: “I film tornino
a dare speranza”

Il regista Krzysztof Za­nussi è il presidente della giuria del 4° Meeting Film Festival, che il 24 agosto ha pre­miato i cortometraggi più si­gnificativi fra i cento sele­zionati da tutto il mondo, grazie anche alla collabora­zione con le scuole di cine­ma di New York e di Madrid. Avvenire lo ha intervistato.
25 Agosto 2011
«Mi sono ispira­to al Meeting di Rimini e da tre anni organizzo in Po­lonia una manifestazione si­mile, con dibattiti fra i mas­simi esponenti della cultu­ra, credenti e laici. Ed ha un successo enorme anche da noi». Il regista Krzysztof Za­nussi è il presidente della giuria del 4° Meeting Film Festival, che il 24 agosto ha pre­miato i cortometraggi più si­gnificativi fra i cento sele­zionati da tutto il mondo, grazie anche alla collabora­zione con le scuole di cine­ma di New York e di Madrid.

 
 
Maestro, come mai ha e­sportato questo modello i­taliano?
 A Rimini sono venuto la pri­ma volta nell’81 e poi sono tornato molte volte. Quello che mi ha colpito subito è stata l’intuizione degli ideatori di non pro­porre una manifestazio­ne specializzata in un so­lo campo, ma di fondere tutto insieme, musica, teatro, dibattiti, politica. Questa fusione è poi di­ventata la tendenza dell’e­poca attuale.
 
E cos’ha trovato nel cinema in gara a Rimini?
Sicuramente una competi­zione utile perché va nella direzione opposta alla mo­da che viene di solito pre­miata nei festival. Oggi ba­sta fare un film pieno di di­sperazione e pessimismo e si guadagna subito un pre­mio importante. Se il film è distruttivo, anche i grandi kolossal, allora piace. Una tendenza che in qualche modo è giustificata: il mon­do di oggi non è tanto bello, e molti di noi hanno perso la visione del futuro che si vor­rebbe. Forse, come ha detto Rocco Buttiglione al nostro 'meeting' polacco, la gente pensa che non rimane che distruggere questo mondo per vedere cosa resta.
 
Ma allora il cinema può da­re ancora speranza?
Per fortuna ci sono dei se­gnali positivi. Presto andrò a presiedere un importantis­simo festival coreano a Pu­san, che è molto più grande di quello di Cannes. I giova­ni asiatici mostrano una ten­denza che coincide con Ri­mini. Tutti i progetti hanno qualcosa di costruttivo, il de­siderio di trovare un senso di speranza e delle certezze.
 
Insomma, l’Occidente cede il passo come guida anche nella settima arte?
I fatti di Londra sono stati u­na grande indicazione: han­no mostrato una tendenza alla distruzione dei valori, u­na tensione suicida. L’Euro­pa, sul fronte del consumi­smo, è peggiore dell’Ameri­ca, e questi sono i risultati. In più il cinema ha perso la sua missione e anche i film per le masse incrementano questa tendenza distruttiva.
 
Nessuna speranza di risol­levarsi?
Per fortuna c’è ancora spazio per il film dedicati alla tra­scendenza e ai valori. Film come Uomini di Dio e Il grande silenzio hanno avuto grande successo. Questo si­gnifica che nel cinema c’è un vuoto e che c’è un pubblico che ha bisogno di opere co­sì profonde.
 
Cosa dice ai giovani che vo­gliono fare cinema?
I giovani innanzitutto si e­sprimono in modo diverso, con linguaggi più legati al­l’informatica. Ma devono imparare dalla generazione precedente la forza dell’im­pegno. E parlo di Fellini, Pa­solini, Visconti, Olmi, un ge­nio sottovalutato. Fra gli stra­nieri si ispirino a Bergman e Bunuel. Mi piace anche Clint Eastwood, un regista che è maturato tardi. I ragazzi, so­prattutto, devono cercare la sincerità, trovare la verità in sé stessi, se no non la posso­no esprimere nell’arte.
 
A proposito di ragazzi, ha vi­sto quelli della Gmg di Ma­drid?
Sì, un vero spettacolo. Rat­zinger è riuscito a confer­mare la grande intuizione di Wojtyla, un Papa che ha la­sciato un tocco di ottimismo nei giovani e nel futuro del mondo. La fede dall’esterno, prima di Giovanni Paolo II, era considerata a torto qual­cosa di legato al tradiziona­lismo. Oggi è molto più ca­pita l’apertura verso il futu­ro e la forza ispiratrice che il cristianesimo non ha perso.
 
Anche se essere cristiani, forse, non sempre paga nel mondo dello spettacolo.
È purtroppo vero che i regi­sti cattolici trovano tante porte chiuse in mezzo al fracasso commerciale. Io sopravvivo da tanti anni con i miei film d’autore, ma i miei progetti mi­gliori non li ho mai rea­lizzati. Ho scritto parec­chi film storici, ma in Eu­ropa è quasi impossibile realizzarli, per questioni di costi. Il mio modello è Il Gattopardo . Noi abbiamo la vera storia, invece dobbia­mo sorbirci questi kolossal puerili, la falsa storia del fan­tasy importato dall’America.
 
Ma ora ha in cantiere qual­cosa?
Girerò verso fine anno Cor­po estraneo, coprodotto da Italia, Russia e Polonia. È un film a difesa delle donne dal femminismo. Il femmini­smo è come il colesterolo: c’è quello buono e quello catti­vo. Io sono contro quello cat­tivo. È la storia di un giova­ne italiano credente che si trova per lavoro in Polonia e viene assalito da donne sfre­nate che non capiscono per­ché lui rispetti certi valori. Sarà una provocazione. In­fine per il teatro porterò a ot­tobre in Russia L’odore del mio amico Rocco Familiari, prodotto dal Teatro Valle.