UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

La Valsusa, la «santa impresa»

I 120 anni del settimanale diocesano piemontese nella definizione scolpita dal fondatore.
26 Aprile 2017

Verrebbe da dire, parafrasando uno slogan: se 120 anni vi sembran pochi... Quando usciva La Valsusa, all'alba del 3 aprile 1897, re d'Italia era Umberto I e Papa era Leone XIII. E che in quel tempo la sola idea di stampare un giornale fissando su carta notizie e idee era qualcosa di rivoluzionario o, per citare il fondatore del settimanale diocesano (il vescovo Beato Rosaz) una «santa impresa». Quella santa impresa che, sempre con mezzi 'poveri', ha oltrepassato due guerre mondiali, visto passare il boom economico, la prima, la seconda e anche la terza immigrazione; ha fatto i conti con la crisi, con le fabbriche che chiudevano poi si riprendevano e poi licenziavano di nuovo. Ha raccontato la vita di una valle lunga e stretta («una ruga sulla carta geografica», usava dire un altro vescovo, Vittorio Bernardetto) scommettendo sul suo vero punto di forza: essere (senza retorica) il giornale della gente, di questo territorio.
Siamo al 2017, e La Valsusa fa i conti con una realtà che vede sempre meno lettori, il diffondersi dell'informazione 'fai da te' che si ciba di news (e fake news) del Web. L'informazione senza memoria. E noi, subiamo passivamente? Noi de La Valsusa vogliamo guardare avanti, fare i conti con la crisi di questi anni per superarla camminando sulle orme del Rosaz, consapevoli delle radici e dei valori che la ispirano. Guardare avanti significa aggiornarsi, cercare di sposare carta e Web; usare i social per dialogare con i lettori e renderli protagonisti. E poi convincerli ad abbonarsi, ad andare in edicola a comprare la propria copia per fermare sulla carta un'informazione altrimenti liquida ed effimera. Guardare avanti significa coinvolgere i giovani, scrivere di loro, ma soprattutto convincerli a raccontarsi. È il 'progetto giovani' che sta prendendo corpo in questi mesi per costruire i nuovi lettori.
Non è solo questione di marketing, o lotta per la sopravvivenza di un giornale, ma un convincimento profondo. Costruire lettori (ben) informati è il presupposto per avere buoni cittadini e una società migliore. Perché, come diceva Piero Ottone, «uno non fa il giornalista per cambiare il mondo. Però un buon giornale lo migliora».
(Bruno Andolfatto)

da Avvenire del 25 aprile 2017, pag. 18