UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

LANA DEL REY: “Norman F*** Rockwell” (Polydor)

Un’ora e dieci minuti di nostalgie pop, in forma di ballate suadenti ed elegantissime...
9 Settembre 2019

Un’ora e dieci minuti di nostalgie pop, in forma di ballate suadenti ed elegantissime, sia pure a far da contorno a testi non proprio signorili. È questa la ricetta – ormai più che assodata – di questa stella anomala del pop statunitense contemporaneo.
La newyorkese Elizabeth Woolridge Grant – questo il suo vero nome – è una trentaquattrenne che offre del pop di gran classe, ma con un piglio che poco ha a che fare coi lustrini e le melasse di quest’ambito, anzi più vicino alle attitudini di una rockeuse tenebrosa che non agli stereotipi delle colleghe del pop da classifica. Cresciuta nel coro della parrocchia, laureata in metafisica in una università dei gesuiti, la fanciulla ha sempre avuto un animo tormentato che spesso nutre le sue canzoni intrise di malinconia, comprese queste ultime.
Ad ispirarla, maestri variegati, da Billie Holiday ad Amy Winehouse, da Springsteen alla nostra Patti Pravo, ma Lana è andata via via costruendo uno stile tutto suo, e in questo sesto lavoro solista lo conferma appieno: atmosfere scure, andamenti lenti, testi impregnati dei travagli - interiori e psicologici, soprattutto - dell’oggi. Un’opera che pare una seduta di psicoterapia autogena, ma con un retrogusto para rockettaro che dribbla i canoni del poppeggiare odierno; o meglio, li ammanta di mestizia, con testi scarni e quasi sempre irrimediabilmente tristi, anche quando parlano semplicemente d’amore.

Franz Coriasco