A dispetto dei tanti che ne avevano frettolosamente decretato il tramonto, il redivivo David Bowie appare, quasi come un moderno Dorian Gray, sorretto da una rinnovata giovinezza.
The next day ha le sembianze di un’inattesa sorpresa. E non solo perché erano davvero in pochi a pensare che dopo mezzo secolo di carriera il Duca Bianco fosse ancora in grado di regalare al suo ancora sterminato pubblico di devoti un’opera che andasse al di là del mero auto-citazionismo. Anche così si spiega il suo fulmineo scalare le classifiche dopo quasi un decennio di silenzio (anzi, era dal ’93 che il Nostro non assaporava la brezza delle vette di quelle britanniche).
Prodotto da Tony Visconti e preceduto dal fascinoso singolo Where are we now? l’album oscilla tra l’ortodossia del rock degli anni Settanta e l’electro-pop della decade seguente, speziato qua e là da altri rimandi stilistici del suo passato, dalla psichedelica alla dance. Un disco destinato a far parlare a lungo di sé, anche perché se da un lato comprime e riassume gran parte di ciò che Bowie era stato fino a ieri, dall’altro mostra il suo desiderio di continuare a esplorare ed esplorarsi. In ogni caso queste quattordici nuove canzoni restituiscono alle scene planetarie un artista pienamente rigenerato. (Franz Coriasco)