UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

DURAN DURAN: “Paper Gods” (Warner Bros.)

Al di là dell’orrida copertina, il disco funziona e risulta qualcosa di più che un banale riciclaggio dei cliché che regalarono loro fama planetaria.
21 Settembre 2015

 
Dopo cinque anni di silenzio torna la band iconica del pop degli anni Ottanta: un gruppo capace di vendere cento milioni di dischi e di far innamorare un’intera generazione di ragazzine. Simon Le Bon e soci han dunque deciso di ridiscendere in campo: un po’ per l’insopprimibile bisogno di molte popstar di ritrovare le botte adrenaliniche e i rutilanti tourbillon della vita pubblica, un po’ per la voglia di rimettersi in gioco e – come cantava il buon Jannacci - “per vedere l’effetto che fa”.
Al di là dell’orrida copertina, il disco funziona e risulta qualcosa di più che un banale riciclaggio dei cliché che regalarono loro fama planetaria. Diciamo che restano ovviamente i Duran di sempre, ma con una stagionatura che, a conti fatti, consente al loro pop danzereccio nuove sfumature; merito certo anche dei ragguardevoli ospiti di contorno – stelle del calibro di Jack Frusciante, Nile Rodgers e Mark Ronson – ma anche della voglia del quartetto di lasciarsi guidare più dalla passione che dalle strategie.
Paper Gods saprà regalare brividi di nostalgia alle fans di un tempo, ma non è detto che basti a guadagnarne di nuove. I primi dati sono comunque più che incoraggianti: nella prima settimana di vendita l’album s’è arrampicato fin sul secondo gradino della classifiche; vedremo se e quanto durerà. Certo fa una certa impressione/soddisfazione vedere i quattro compari sulle foto promozionali, a scimmiottare le pose degli anni belli: ché il tempo passa per tutti, mica solo per i comuni mortali come noi… Ciò detto, il disco è indubbiamente piacevole, ben strutturato, e tutto sommato risulta assai meno pretestuoso di quel che si potrebbe immaginare prima d’ascoltarlo. (Franz Coriasco)