Veronica Louise Ciccone, la sessantenne più giovane del pop planetario, è una regina su un trono zeppo di nuove combattive coinquiline, ma ha ancora un carisma e una verve invidiabile. Questo è ciò che emerge dai primi ascolti di Madame X , la sua ultima impresa discografica.
Un lavoro a suo modo coraggioso, e anche mediamente più complesso e variegato (fin troppo) dei suoi precedenti, innanzi tutto per l’approccio multiculturale che l’attraversa. Un disco molto elettronico, strutturato ad immagine e somiglianza del mondo multietnico e globalizzato che ha intorno. C’è la sua temporanea patria di transito (il Portogallo del fado), ma anche Capo Verde e gli States trumpizzati, l’India e i Caraibi giamaicani, l’immutabile Africa, il giovane Brasile e la vecchia Europa. C’è soprattutto il suo passato e il suo presente perennemente mutante: un gran pinzimonio pieno di spezie e dal sapore inevitabilmente disarmonico, ma non per questo privo d’appeal. Anche per quel che riguarda i sound: la disco dei Settanta e il reggae, l’elettronica danzereccia degli Ottanta e l’house dei Novanta, e il pop-trap di questi tardi anni Dieci. Idem per i testi, che spaziano da richiami a Giovanna d’Arco a j-accuse contro il lassismo con cui oggi si liberalizzano le armi da fuoco, femminismi ondivaghi e cupe analisi dell’oggi.
La Madonna collezione 2019 è una popstar attempata ma ancora volitiva, che supplisce col mestiere e la strategia là dove non arriva l’ispirazione. Senza paura di confessare, fragilità, solitudini, e mai sopiti ribellismi - in qualche caso anche vagamente “politici” - che solo lei potrebbe dire quanto sinceri e coerenti. Un melting-pot-pop un po’ caotico, ma che dimostra la volontà della signora di rimettersi in gioco più che salutare annoiata dalla turris eburnea del suo mito.
Franz Coriasco