Una grande apertura a cappella col brano 42, e poi altre tredici tracce di bell’impatto. È il ritorno di una delle migliori folk-rock band in circolazione. Per gran parte della critica, compreso il sottoscritto, questo loro quarto disco è il loro migliore.
Qua e là qualche richiamo a mastro Dylan, un po’ di soul, un po’ di richiami all’epica rockettara di caposcuola come gli U2 o Springsteen, ma il tutto proposto con personalità propria, con una modernità di suoni sempre più rara in quest’ambito, e qualcosa che potremmo anche definire carisma.
Una band che ama anche i riferimenti letterari – da Shakespeare a John Steinbeck e Chesterton – e che ci ha sempre abituato a confronti su temi assai impegnativi: qui soprattutto il senso del dolore, espresso in diverse sfumature più o meno drammatiche. Un disco sontuoso, a tratti perfino maestosamente solenne.
Pubblicato a più di tre anni dopo il precedente Wilder Mind, registrato nella loro Londra, l’album fa da sfondo al nuovo tour mondiale del gruppo, quello che dovrebbe suggellarne la consacrazione definitiva. Perché, dopo dodici anni di carriera, Marcus Mumford e soci sono sempre più un punto di riferimento imprescindibile della musica popolare odierna e questo Delta lo certifica appieno.
Franz Coriasco