UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

RADIOHEAD: “A moon shaped pool” (XL Recordings)

Un grande disco, manco a dirlo, questo loro nono capitolo discografico. Meno impervio dei precedenti, fors’anche un po’ furbacchione, ma certo pieno d’idee, concepito con suprema maestria, emozionante in quasi tutti gli episodi.
20 Giugno 2016

I fan l’attendevano questo disco da più di un lustro, ma si sa, i tempi di Thom Yorke e soci non sono mai stati quelli dei loro aficionados. E tuttavia i custodi più credibili dell’avanguardismo rock almeno su una cosa hanno dovuto cedere: rendere l’ascolto di questo nuovo album disponibile in streaming.
Un grande disco, manco a dirlo, questo loro nono capitolo discografico. Meno impervio dei precedenti, fors’anche un po’ furbacchione, ma certo pieno d’idee, concepito con suprema maestria, emozionante in quasi tutti gli episodi.
La band di Oxford torna dunque sui mercati per dar nuova linfa a un mito che rischiava d’avvizzirsi un po’. Missione compiuta a conti fatti, a cominciare dai due singoli d’apertura che dichiarano fin da subito il format sul quale l’opera è stata concepita: da un lato l’imprinting rockettaro di Burn the witch che richiama certe enfasi degli U2, dall’altra le atmosfere rarefatte di Daydreaming che m’han riportato alla mente i Pink Floyd del mitico Ummagumma.
E il disco prosegue così, elegante e soffuso in gran parte, ma pronto a dischiudere qua e là scenari ipnotici, onirici, lisergici: tra morbidezze acustiche, fremere d’archi della London Contemporary Orchestra, arabeschi elettronici, falsetti delicatissimi.
I Radiohead si possono amare alla follia o trovare insopportabilmente cerebrali, ma a parer mio ciò che tracima da questa “pozza a forma di luna” è un gran bel sentire, nonostante le tematiche evocate nei testi siano tutt’altro che rasserenanti o rassicuranti. Dopo qualche prova opaca i cinque Radiohead han dimostrato insomma di essere ancora uno dei fari della scena rock odierna: dopo più di trent’anni di carriera, hanno di che esserne orgogliosi.
(Franz Coriasco)