UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

SAM SMITH: “In the lonely hour” (Capital)

Un’ipotesi di pop elegante e moderna al tempo stesso, sostenuta da una vocalità falsettata, calda e decisamente soul.
16 Febbraio 2015

Londinese, classe 1992, Samuel Frederick Smith ha sbancato gli ultimi Grammy Awards con questo album uscito lo scorso anno, ma destinato a volare ancora alto anche nei prossimi mesi. Un’ipotesi di pop elegante e moderna al tempo stesso, sostenuta da una vocalità falsettata, calda e decisamente soul.
            Dieci tracce (14 nell’edizione deluxe) sono bastate a far passare questo giovanotto figlio dell’alta borghesia britannica in una star planetaria. La prestigiosa ribalta di Los Angeles lo ha eletto esordiente dell’anno consacrando questo In the lonely hour miglior album di debutto, e la sua suadente Stay with me canzone dell’anno. Un trionfo ancor più significativo se si considera che il nostro l’ha ottenuto mettendo in riga stelle del calibro di Taylor Swift, Coldplay, Miley Cyrus e Katy Perry.
            Le sue canzoni si rifanno alla tradizione del pop patinato, qua e là speziato di gospel: perfetto per funzionare in radio, ma costruito con una cura tale da preservarne un certo sapore artigianale. Merito dello stuolo di produttori di grido che l’hanno aiutato nella confezione, ma anche di strategie promozionali di prim’ordine. In the lonely hour non è un capolavoro, ma possiede tutto ciò che oggi chiedono i supermercati della musica.
           
 
Franz Coriasco