Tra i cantautori dell’ultima generazione questo giovanotto del West Essex è certo fra i più personali, talentuosi, e di più solida prospettiva.
Se cercate emozioni diverse da quelle che in genere scodellano le playlist balneari, buttate l’orecchio a questo suo secondo album, arrivato sui mercati a tre anni dal suo debutto. Ci troverete un bel po’ di suggestioni interessanti, e ben poca plastica o effetti speciali.
Perché il giovane mister Odell – venticinquenne dalla faccino pulito, ma dallo stile già più che maturo - ha un’imprinting che trova i suoi padri nobili nel folk-rock dylaniano, e nel post-folk minimalista e modernista di Beck, nel falsetti suadenti di Jeff Buckley, nella dolcezza bucolica del flower-power dei Sixties. Troppa roba in un solo cesto? Può darsi – anche perché qua e là emergono anche echi gospel, e la magnificenza di ballad à la Billy Joel o in stile Supertramp - ma quel che se ne ricava alla fine è un gustoso frullato, che va giù ch’è un piacere. E dove ogni ingrediente funziona a meraviglia: gli intimismi e le esuberanze, la solarità del pop e i crepuscolarismi di certo rock d’antan: giocando sulla passione e non sulle strategie, sulla forza delle ispirazioni e non su quella del marketing.
(Franz Coriasco)