UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Va bene il tablet…
ma non toglieteci la penna!

Vi proponiamo una interessante riflessione di Roberto Carnero (da Avvenire del 9 gennaio) sulla necessaria convivenza tra nuove tecnologie e la pratica della scrittura "a mano". Se essa venisse meno - afferma Carnero - "si perderebbe un tratto distintivo e caratteristico di ciascuno di noi".
9 Gennaio 2013
La direzione del futuro è chiara e inarrestabile: sempre più i libri in versione digitale sostituiranno quelli cartacei. Quando si avanzano delle perplessità sulla positività di tale fenomeno si viene tacciati di passatismo. Tuttavia esistono ragioni oggettive che giustificano in parte il mancato entusiasmo, se un intellettuale del calibro di Umberto Eco già qualche anno fa, nell’ambito di un convegno organizzato a Venezia dalla Scuola per librai 'Umberto ed Elisabetta Mauri', elencava, sul filo del paradosso, alcune ragioni di superiorità del libro di carta su quello elettronico: se un volume cartaceo cade dal decimo piano di un palazzo, arriverà a terra magari un po’ sbrindellato ma sarà comunque leggibile (la stessa cosa non si può dire di un lettore di e-book); quando cambiano i supporti tecnologici o i programmi di lettura, i documenti elettronici diventano inaccessibili, e così via. Di recente don Attilio Monge notava, sulla rivista 'Vita Pastorale', come ormai molti sacerdoti, soprattutto tra quelli più giovani, recitino il breviario leggendo i testi su un e-reader.
Ma poi si chiedeva che effetto potrebbe fare vedere in una Messa solenne incensare un tablet con il Vangelo del giorno, al posto del normale lezionario. Un paradosso, anche questo, che però potrebbe diventare realtà in un futuro forse neanche troppo lontano. Tuttavia se in molti evidenziano dubbi e timori inerenti al futuro della lettura, si parla meno di quanto sta avvenendo alla scrittura. Poiché per comunicare per iscritto nella vita di ogni giorno si utilizza sempre più la tastiera (del computer, del cellulare ecc.), si rischia di perdere un’abilità primaria, quella dello scrivere a mano, cioè il modo di scrivere, sebbene con diversi segni e con strumenti (il calamo, la penna d’oca, la matita, la penna a sfera), dall’alba della scrittura ai giorni nostri. Per i 'nativi digitali' l’unico luogo dove si coltiva la pratica dello scrivere a mano rimane la scuola. Ma anche qui si annunciano novità importanti: il legislatore ha stabilito che a partire dall’anno scolastico 2014-2015 i libri di testo dovranno essere obbligatoriamente in formato elettronico, o al massimo in formato misto (cartaceo e digitale). In quest’ultimo caso, le parti su piattaforma elettronica saranno soprattutto quelle degli esercizi, cioè le sezioni in cui lo studente è chiamato a interagire con il testo attraverso la scrittura. Ma se gli esercizi saranno solo sul computer, a penna non si scriverà quasi più.
Francamente non sarebbe una bella cosa. Sono sempre più numerosi a scuola i ragazzi affetti da forme più o meno gravi di dislessia. Ebbene, i neuropsichiatri affermano che l’azione dello scrivere a mano, soprattutto in corsivo, attraverso la continuità del tratto, è in grado di aiutare a superare questa difficoltà. E poi si è sempre ritenuto che la scrittura a mano fosse, a qualche titolo, specchio dell’universo interiore. La grafologia è ormai considerata una scienza a tutti gli effetti, se è vero che delle consulenze grafologiche si servono talora anche i tribunali. Se venisse meno la scrittura a mano, si perderebbe un tratto distintivo e caratteristico di ciascuno di noi.
 
Roberto Carnero