UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Storie di “buona stampa”

Da Avvenire vi proponiamo alcune testimonianze di persone, spesso umili e nascoste, ache hanno fatto della diffusione della «buona stampa» un vero impegno di vita. Sono Graziella (raccontata da don Patriciello), Elda e Oreste. E con loro tantissimi altri...
14 Gennaio 2014
Graziella

Si chiamava Graziella. Come Anna, la profetessa del Vangelo, passava le sue giornate in chiesa. Signorina, aveva sposato un vedovo con 4 figli per i quali fu mam­ma premurosa e attenta. Presto Antonio, il marito, fu col­pito da malattia rara e gravissima che lo costrinse per il re­sto della vita sulla sedia a rotelle. Graziella fu il suo angelo custode, lo accompagnò, lo curò, lo amò fino alla morte. Era devotissima del Volto Santo, la cui icona si venera a Na­poli, nel santuario di Capodimonte. Il giorno 10 di ogni me­se partiva con un pullmann carico di pellegrini per porta­li ai piedi di Gesù. A Caivano, il paese in provincia di Na­poli dove viveva, dopo il terremoto del 1980, sorse un quar­tiere nuovo per dare casa ai senzatetto. Graziella compre­se che quella nuova parrocchia necessitava di essere aiu­tata e cominciò a frequentarla assiduamente assieme a qualche amica. Poco tempo dopo fui mandato dal vesco­vo come parroco. La conobbi che era già anziana. «Che aiu­to, potrà darmi questa vec­chietta buona e semplice?», pensai. Mi sbagliavo di gros­so. Presto Graziella divenne l’anima della parrocchia, la nonnina di tutti. La sua borsa sembrava il cappello del piffe­raio, sempre piena di cara­melle, oggetti religiosi e il ter­mos con il caffè per il parroco. Era proprio una di quelle per­sone belle che tutti vorrebbero incontrare nella vita. Inna­morata di Gesù, della Madonna, del Papa, dei sacerdoti. A volte arrivava piagnucolando. «Che c’è?» le chiedevo. E lei: «Padre Maurizio, Gesù non è amato. Bisogna salvare le a­nime ». Come i santi mistici soffriva – anche fisicamente – nel constatare che «l’Amore non è amato». E si dava da fa­re. Le famiglie la chiamavano al capezzale dei moribondi e dei defunti per essere aiutate a pregare. Gli studenti la cer­cavano per chiederle preghiere nei tempi degli esami. Mo­rivo dalle risate quando la sentivo pronunciare – era se­mianalfabeta – il nome dell’esame per cui stava pregando. In parrocchia presto trovò la sua vera vocazione: la buona stampa. Era lei che si faceva carico della vendita di Fami­glia Cristiana e Avvenire. Si metteva all’ultimo banco con il suo carico di giornali. Ogni domenica, tenace, gioiosa, par­tecipava a quattro Messe e quando non poteva affidava a qualche amica i giornali. Ogni persona che entrava in chie­sa era da lei innanzitutto accolta con il sorriso della non­na buona. Poi subito: «Prendete Avvenire, Famiglia Cri­stiana.
Leggete, è importante, dice padre Maurizio». Gli an­ni che passavano la invecchiavano nel corpo, ma indomi­to lasciava il suo animo sempre di più innamorato di Ge­sù. Una fede granitica. Spesso la prendevo in giro: «Gra­ziella si avvicina l’ora della resa». E lei: «Non ho paura della morte… Vado a vedere il volto di Ge­sù ». Sabato mattina si è sentita male. Prima di es­sere trasportata in ospedale ha consegnato a qual­cuno il ricavato dei giornali venduti pregandolo di farli avere al parroco. Nel giro di poche ore si è ag­gravata. Don Adriano è corso a darle l’Olio degli In­fermi; lei ha partecipato al rito, ha aperto le sue ma­ni, ha fatto per l’ultima volta il segno di quella cro­ce. Al termine, mentre recitava l’Ave Maria, ha per­so conoscenza. Trasportata a casa, gli angeli le hanno mes­so un bellissimo paio di ali ed è volata via. Al suo funerale ha preso parte tutto il paese. La Chiesa era strapiena come la notte di Natale. A volte, scherzando, le dicevo: «Graziel­la, guarda che non sarò io a celebrare il tuo funerale. Ti vo­glio troppo bene, sono certo che non ce la farei». E così è stato. Dai primi giorni dell’anno nuovo sono stato a letto con febbre, tosse e senza voce. Una grazia. Un sacerdote, figlio della nostra parrocchia, don Adriano appunto, ha ce­lebrato il rito. E ha voluto ri­cordare quel lontano giorno del marzo del 1992, quando per la prima volta mise piedi in chiesa. Graziella lo guardò e gli disse: «Giovanotto come sei bello, sei un seminarista?».
«Che cos’è un seminarista?» le chiese don Adriano. Talenti. A tutti sono stati dati. Io non so quanti talenti Graziella abbia ricevuto in dono. Una cosa posso dire con certezza: li ha spesi tutti, fino all’ultimo centesimo, per la gloria di Dio e la salvezza del mondo. Quante «Grazielle» ci sono nelle no­stre chiese? A quante di queste persone, semplici, nasco­ste, umili abbiamo il dovere di dire grazie? La comunione nella Chiesa non è facoltativa. Al contrario, è alla base del nostro essere cristiani e della efficacia della nostra testi­monianza. Nel campo di Dio c’è chi semina e chi raccoglie; chi innaffia e chi concima. Ma è il Signore che fa crescere. Graziella è stata una apostola della stampa cattolica a pie­no titolo. Ha reso un servizio alla nostra comunità e alla Chiesa. Gratuitamente e nel nascondimento. È passata nel­la nostra vita e ci ha fatto tanto bene. Adesso, ne sono cer­to, sta pregando per noi e per i giornali che ha venduto per tanti anni. Mi sembra di sentirla ancora: «Prendete Avve­nire, Famiglia Cristiana. Leggete, è importante, ha detto padre Maurizio...». 
(don Maurizio Patriciello)
 

Oreste
Oreste De Pietro è il responsabile della comunicazione del progetto Portaparola dell’unità pastorale di Castel Maggiore, Bologna. Come tale da tanti anni si occupa, con entusiasmo e impegno costante, roccaforte della diffusione del giornale dei cattolici, di diffondere in parrocchia e non solo il settimanale diocesano Bologna Sette . «Uno strumento importante per il lancio di notizie e di informazioni che riguardano la realtà locale. Bo7, come lo chiamiamo noi, consente di creare un rapporto immediato tra la diocesi, le parrocchie e la vita del territorio – commenta –. Non si tratta soltanto di un mezzo di collegamento ecclesiale, ma di un’opportunità per tutti di guardare il territorio da un osservatorio particolare che è la Chiesa di Bologna». Per questo De Pietro, insieme con altri parrocchiani, ha organizzato iniziative di sensibilizzazione per favorirne la diffusione. «La vita delle parrocchie non può prescindere da Bologna Sette – continua –. Il giornale collega la parrocchia alla vita della diocesi e permette di attingere direttamente agli orientamenti pastorali dell’Arcivescovo, crea una rete di relazioni attraverso la condivisione di eventi, iniziative, progetti che altrimenti rimarrebbero nei circuiti delle singole realtà ecclesiali e rappresenta uno spazio di riflessione ampia». Il motivo di questo impegno è semplicissimo per De Pietro. «Se è vero che la missionarietà della parrocchia dipende anche dal corretto utilizzo dei mezzi di comunicazione – conclude – sicuramente Bologna Sette rappresenta uno strumento imprescindibile per una pastorale aperta alla comunità. Radicarsi in modo incisivo in un territorio è un’esigenza per tutte le parrocchie, diventa una priorità se si tratta di unità pastorali nelle quali bisogna impegnarsi maggiormente per favorire la coesione e l’integrazione nelle varie iniziative». La diffusione del giornale diocesano è parte integrante della vita parrocchiale, però «necessita di un occhio più attento ai giovani – afferma De Pietro –. Forse conquistare Facebook e Twitter potrebbe essere un valido punto di partenza per far conoscere ancora di più il giornale».
Elda
Ha 89 anni e da 38 diffonde Av­venire, la «buona stampa», co­me Elda Marchesin continua a chiamarla da quel giorno del 1976 in cui, insieme con il parroco Pietro Maz­zarotto, il marito e un gruppo di par­rocchiani, partecipò a un incontro con un delegato del giornale. Lì venne pre­sa la decisione di costituire un gruppo stampa con l’obiettivo di promuovere la conoscenza e la diffusione appunto del­la «buona stampa», in particolare Avve­nire.
«Il gruppo comprende persone di diversa età e provenienza, accomunate dalla convinzione che la stampa gioca un ruolo fondamentale nella formazio­ne delle persone, specie dei più giovani, e in quella dell’opinione pubblica», ri­corda Elda, che anche domenica scorsa ha svolto puntualmente il suo servizio.
Da allora, ogni domenica mattina, la si­gnora provvede al ritiro dalle copie del quotidiano da distribuire agli abbonati e delle copie da vendere all’uscite delle Messe domenicali. Si occupa in prima persona della consegna e vendita del gior­nale all’uscita della prima Messa del mat­tino. A Sacile, a ogni Messa, sono presen­ti membri del gruppo messo in piedi da lei, che invitano i parrocchiani ad acqui­stare e leggere il quotidiano; inoltre, ogni settimana, viene preparato un cartellone in cui sono raccolti ed evidenziati gli ar­ticoli più significativi usciti su Avvenire. «I primi passi sono stati faticosi – ricorda Elda – ma gli ostacoli sono stati superati non solo grazie alla buona volontà e al­l’impegno di tutti i componenti del grup­po, ma anche grazie alla disponibilità e al­l’apertura di un buon numero di parroc­chiani, i quali, avendo ben compreso il valore del quotidiano, iniziano ad acqui­starlo regolarmente e, in diversi casi, ad abbonarsi». Non va dimenticato che gli anni Settanta sono gli anni delle con­trapposizioni ideologiche. A fianco di tan­te persone che imparano a conoscere e ad apprezzare Avvenire, fino a diventarne lettori abituali, ve ne sono altre, anche fra quelle impegnate in parrocchia, che si ri­fiutano «per questioni di principio» di leg­gere la stampa cattolica. La signora Mar­chesin ha continuato con costanza a in­vitare tutti a leggere il quotidiano e a giu­dicarlo senza pregiudizi. Questa sua te­nacia verrà in diversi casi premiata. «Al­cune di queste persone, diversi anni do­po, sono diventati dei lettori affeziona­ti ». Il numero di copie distribuite do­menica cresce, passando da 50 a 70, fi­no ad arrivare a 100. Numerosi lettori decidono di abbonarsi, alcuni a uno o due numeri settimanali, altri sottoscri­vono abbonamenti giornalieri. Il grup­po organizza anche incontri culturali con figure di spicco del mondo cattoli­co, la maggior parte delle quali conosciute sulle pagi­ne del quotidiano. Nelle grandi occa­sioni (le giornate del quotidiano), vi è u­na «chiamata alle armi» di tutte le risor­se disponibili (vecchi membri del grup­po stampa, ma anche ragazzi dell’Agesci e dell’Azione cattolica), ma nelle dome­niche ordinarie sulla barricata è presen­te sempre lei, la signora Elda, col soste­gno convinto del parroco, don Graziano De Nardo. Nemmeno una caduta, con conseguente frattura dell’omero è riusci­ta a fermarla. E quando serve, si fa ac­compagnare da figli e nipoti.