UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Facebook: ora serve un amico in tribunale…

Tre azioni collettive, inchieste di Sec, Finra e Senato, accuse al Nasdaq e alle grandi banche. È passata appena una settimana, ma sull’atteso debutto a Wall Street del re dei social network si è già scatenata una bufera giudiziaria, con sospetti che sembrano fondati. Vi proponiamo la ricostruzione della vicenda offerta da Avvenire. 
 
25 Maggio 2012
Passati cinque giorni dal debut­to a Wall Street il titolo Face­book vale 32 dollari, 6 in meno rispetto alla quotazione di partenza. Adesso si capisce perché alcuni dei navigati squali della finanza che era­no entrati in società con Mark Zucker­berg tre giorni prima dell’Ipo abbia­no deciso di incrementare la quota di azioni da vendere. Questa 'aggiunti­na' finale ha permesso alla banca d’affari Goldman Sachs, al fondo spe­culativo Tiger Management e ai russi di DST More di incassare complessi­vamente 2 miliardi in più venerdì e, considerate le quotazioni attuali, di perdere qualche miliardo in meno dalla svalutazione dei titoli che si so­no tenuti in portafoglio. Forse però anche questa vicenda fi­nirà presto nel gruppone delle in­chieste sull’Ipo più cool e più cattiva del 2012. Incassato il record di debut­to più ricco di sempre per una società tecnologica, Facebook rischia il pri­mato dell’esordio di Wall Street più sospetto degli ultimi anni. Riepilo­ghiamo le cause aperte: 3 azioni col­lettive contro i manager del social network e le banche che hanno cura­to l’operazione; indagini della Sec, dalla Finra e della commissione Fi­nanza del Senato (cioè le massime au­torità americane di vigilanza finan­ziaria); una denuncia al Nasdaq da parte di un inve­stitore che è sta­to danneggiato dai problemi tec­nici della quota­zione. Quest’ulti­ma vicenda è la più semplice: la società dell’indice tecnologico non è stata in grado di ge­stire un’operazione così grande e tra rallentamenti e risposte lente ha provocato gravi danni a molti in­vestitori. Ora ri­schia di perdere molti clienti e se­condo le ultime voci Facebook, che in questo caso è stato una 'parte lesa', starebbe meditando di traslocare al Nyse, il più solido indice di Wall Street. Più grave è la vicenda su cui stanno in­dagando Sec, Finra e Senato. Il 9 mag­gio, una settimana prima della quo­tazione, Facebook ha comunicato ai mercati che la crescita della pubblicità non aveva lo stesso ritmo di quella del numero di utenti. I dettagli l’azienda li ha dati soltanto a un ristretto grup­po di investitori. Il responsabile fi­nanziario David Ebersman, a cui Zuckerberg ha affidato la quotazione, ha contattato 20 analisti – tra cui quel­li di Morgan Stanley, Goldman Sachs, JPMorgan, le principali banche coin­volte nell’Ipo – per consigliare loro di guardare al limite basso dell’interval­lo di utili e fatturato 2012 previsti nei documenti che hanno accompagna­to la quotazione. Facebook sta an­dando peggio del previsto ma soltan­to certi investitori ne sono stati infor­mati prima del debutto in Borsa. Il dettaglio comunicato da Ebersman alle banche più vicine all’Ipo era «im­portante »? Sì, verrebbe da dire a cal­do, ma toccherà agli investigatori del­la Sec e delle altre autorità stabilire se l’omissione sia stata o meno un ille­cito. L’esito delle indagini non è scon­tato, spiegano gli esperti delle norme di Wall Street, perché la Regulation FD che si occupa delle informazioni «im­portanti » da dare al mercato prima di un’Ipo è poco specifica e molto inter­pretabile.