UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Titoli a picco

Ci preoc­cupa, e quasi ci spaventa, un Paese in cui un de­litto con una bella imputata diventa fiction e tito­lo cubitale, e un’amara sciagura di case mal co­struite e burocrazia polverosa e cinque morti non interessa, o interessa molto meno.
5 Ottobre 2011
Maria aveva 14 anni, faceva il primo anno di liceo classico e lunedì era uscita un’ora pri­ma da scuola perché mancava un insegnante. Co­sì è andata a trovare il padre, al maglificio di via Mura Spirito Santo, a Barletta. È rimasta sotto le macerie. Assieme a quattro operaie, in uno scan­tinato dove in quanti esattamente lavorassero non si sa; e dove le crepe aperte nei muri non erano ba­state a far dichiarare l’edificio inagibile.

Ma questa tragedia del Sud, dal sapore così ama­ro e così antico, come la somma ineluttabile di endemici mali, ieri sulle prime pagine era eclissata dai titoli cubitali su Amanda Knox, assolta dal­l’accusa di omicidio dell’amica Meredith Kercher. Dopo un processo tanto seguito dai media, da es­sere diventato simile a una fiction; con la prota­gonista così bella e fotogenica da indurre a un in­conscio equivoco – come se il delitto di Perugia, fosse solo un film.
Già, i giornali, alzerà la spalle qualcuno. Sì, i gior­nali, certo. Ma i giornali, oggi più scientificamen­te che mai, danno spazio a ciò che presumono che i lettori desiderino e che i lettori s’abituano a con­siderare il pane quotidiano dell’informazione. Dunque, è vero che il circo mediatico a volte va fuori controllo, ma è anche vero che lo fa per sod­disfare la domanda (vera e indotta) del 'mercato'. Allora ci si può domandare che Paese è, quello in cui una sciagura che mescola irregolarità edilizie, inadempienze di controlli e lavoro in nero, e fa cinque morti, interessa tanto di meno del destino di una bella ragazza e del suo amico, in primo gra­do condannati per un omicidio terribile, e a torto o a ragione diventati quasi dei foschi eroi, nella pe­nombra di incertezza che tuttora avvolge ciò che veramente avvenne quella notte, a Perugia. Se si misurasse aritmeticamente lo spazio occupato dai titoli su Amanda e su Barletta, ieri, si vedrebbe che la prima vince quattro a uno; e anche di più, se per­sino il più grande e il più rigoroso dei giornali 'di sinistra' ieri per Maria e le altre non hanno tro­vato uno spicchio in prima pagina.
Del resto, anche le dieci pagine di sbobinatura di intercettazioni su escort e festini che ultimamen­te occupavano quotidianamente molti quotidia­ni, davvero, nella dovizia di particolari, risponde­vano solo a un dovere di cronaca? Oppure soddi­sfare tutte le curiosità dei lettori rende – o dà que­sta illusione – in termini di tiratura? Ma di nuovo, parlando di sistema mediatico, finiamo col parla­re anche di chi giustifica e alimenta certe logiche. Perché ad Amanda i titoli di apertura e per quat­tro donne morte lavorando e per la giovanissima Maria un titoletto basso o anche niente? Forse per­ché l’omicidio di Perugia, già assurdo e strabiliante nei suoi dati, tanto è stato sezionato e romanza­to da diventare agli occhi di chi legge un feuillet­ton nero, più estremo di ogni immaginazione, e dunque in fondo percepito come irreale. Come A­vetrana, con quel Michele Misseri che ora in tv chiamano amabilmente 'zio', come uno di casa; come se anche Sarah Scazzi fosse fiction, e non fosse morta per davvero.
L’audience premia, dicono, le storie utili a portar­ci altrove, lontano da noi – almeno per un po’. Mentre quel crollo di Barletta, dove donne 'oscu­re' lavoravano disagiatamente in uno scantinato, per quattro soldi e senza garanzie, mentre la casa si crepava e i controlli tardavano, ecco, questa sto­ria non va assolutamente bene per distrarsi, per evadere, per non pensare. E dunque niente o ti­tolo basso, 'di piede', come si dice in gergo gior­nalistico.
Non è che vogliamo fare moralismi. È che ci preoc­cupa, e quasi ci spaventa, un Paese in cui un de­litto con una bella imputata diventa fiction e tito­lo cubitale, e un’amara sciagura di case mal co­struite e burocrazia polverosa e cinque morti non interessa, o interessa molto meno. Ci preoccupa, come preoccuperebbe un amico che si isolasse davanti alla tv, ignorando che in casa il lavoro man­ca, l’affitto è in arretrato e i figli fanno tutte le not­ti le tre. E la realtà? E la volontà, e la fatica per cam­biarla? A volte, sgradevole e insistente, ci afferra il pensiero che quella crisi morale che sempre ad­debitiamo solo alla politica, alla finanza, alle va­rie 'gerarchie', in realtà tocchi anche, nel profon­do, noi.