UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Una legge per tutti i libri. Ma proprio per tutti

Le grandi questioni culturali sono spesso nascoste. Non è detto che quel che assurge alla dignità di titolo sui media sia veramente importante. È altrove, magari in silenzio, che si giocano partite notevoli. Come quella che vede al centro una legge sulla promozione dei libri nel nostro Paese.
23 Settembre 2010
Le grandi questioni culturali sono spesso nascoste. Non è detto che quel che assurge alla dignità di titolo sui media o a livello di polemica (spesso dai risvolti politici e condita da massicce dosi di ipocrisia, come di recente intorno al festival del cinema di Venezia) sia veramente importante. È altrove, magari in silenzio, che si giocano partite notevoli. Come quella che vede al centro una legge sulla promozione dei libri nel nostro Paese. Una legge passata alla Camera e ora in discussione (ma, a quanto risulta, anche in opportuna rimeditazione) al Senato e che ha visto sollevarsi un coro ampio di perplessità e di dissenso, formato da moltissime case editrici medie e piccole, da molti librai e autori.
Voci, come si dovrebbe sapere, di un settore già pesantemente ferito dalla cruda manovra sulle tariffe postali che tanti danni sta facendo anche al mondo dei quotidiani e dei periodici.
Con questa legge così com’è, secondo i firmatari di un appello che raccoglie su Internet tante adesioni, si finirebbe con il favorire i grandi gruppi editoriali e le catene distributive a essi collegate e si mortificherebbero editoria minore e librerie e reti indipendenti. La contesa verte sulla possibilità di effettuare sconti in modo libero e non solo entro alcuni periodi e entro alcune fasce percentuali. Da un lato i fautori di questa legge dicono che liberando la possibilità di sconto si conquistano più lettori, dall’altra si ribatte che tale capacità è solo appannaggio dei grandi gruppi e delle loro catene che in tal modo si difendono dalla forza commerciale della cosiddetta Grande Distribuzione (supermercati, autogrill compresi), ottenendo però lo stritolamento di piccoli e medi.
Nella protesta ci sono evidenti ragioni. Non è solo dando spazio ai grandi e grossi che si allarga la proposta della lettura. Senza cedere alla tentazione un po’ snob di ritenere che tutto ciò che è piccolo è bello, va riconosciuto senza mezzi termini che il valore culturale dell’editoria italiana si deve in buona parte al lavoro spesso oscuro e avventuroso di editori medio-piccoli o addirittura minimi. Dei veri 'folli del libro' in alcuni casi. Basta vedere come certi autori di valore (in alcuni casi anche dei Nobel) stavano nei cataloghi di piccole case prima che tutti li scoprissero. O come certi tesori siano custoditi in cataloghi 'laterali'. Inoltre il modello seguito in altri Paesi consiglierebbe maggior cautela nella politica degli sconti.
Resta, però, sul tappeto il problema principale, quello di convincere gli italiani a leggere. E non sarà una politica (o l’altra) di sconti a convincerli. La crisi non riguarda la possibilità di accesso ai libri, tranne forse certe zone del Sud, ma Internet arriva pure lì con le sue fornitissime librerie on line.
La crisi riguarda la motivazione alla lettura. Una crisi educativa e culturale, dalla quale non si possono più girare gli occhi, pur occupandosi di sconti sui libri.
Il mercato coi suoi fenomeni è, a suo modo, una risposta alla mancanza di motivazione: 'imponendo' certi libri, i grossi editori da un lato pensano che quei libri siano un traino, dall’altra però pensano pure a tirar su quattrini prima possibile. Il mercato – più o meno protetto – dunque non basta. Anche una generica chiamata alle armi per la diffusione del libro non porta automaticamente con sé un aumento della motivazione a leggere. In gioco, insomma, c’è un livello di questione che non riguarda solo l’organizzazione del mercato del libro, ma l’educazione, la motivazione che dovrebbe spingere ad amare la lettura come luogo di lavoro su di sé, sulla propria visione delle cose e del mondo e come intrattenimento non stupido. Senza motivo per leggere, anche lo sconto più lauto non basta.
Occorre perciò, anche in sede di formulazione di leggi, agganciare il problema della diffusione del libro e del suo commercio con l’altro vero, grande problema: cioè l’educazione. Se no si aiuta l’editore (piccolo o grande, meglio entrambi), ma intanto si balla nemmeno tanto allegramente sul Titanic.