UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Barbari hi-tech

Nella visione del mondo delle nuove generazioni le linee che separano i mon­di virtuali, i giochi e il networking sociale, tendono a essere sfocate. Un problema che non scaturisce necessariamente dall’avvento dell’elettronica. In un film del 2003 di Yann Samuell, Amami se hai co­raggio , non si vede neanche un computer portatile o un cellulare; la trama rimarrebbe inalterata an­che se fossero presenti.
2 Agosto 2010
Nella visione del mondo delle nuove generazioni le linee che separano i mon­di virtuali, i giochi e il networking sociale, tendono a essere sfocate. Un problema che non scaturisce necessariamente dall’avvento dell’elettronica. In un film del 2003 di Yann Samuell, Amami se hai co­raggio , non si vede neanche un computer portatile o un cellulare; la trama rimarrebbe inalterata an­che se fossero presenti. Ciò nono­stante, il problema è già presente: Julien e Sophie, i protagonisti prin­cipali della storia, arrivano passo passo a non essere più in grado di distinguere se ciò che gli succede intorno e ciò che loro stessi stanno facendo sia 'solo un gioco' o la 'realtà': la loro è una capacità che l’avvento dell’elettronica ha sem­plicemente reso più semplice rag­giungere. La 'realtà' è il mondo della routine e delle regole noiose mentre il 'gioco' è il mondo in cui si rompono le regole per diverti­mento e per l’ilarità generata dal turbare e far infuriare i decorosi a­bitanti 'ordinari' del 'reale'. Que­sto è chiaro. Però, la differenza in­finitamente più difficile da indivi­duare fra i due mondi, e ancora più difficile da applicare coerente­mente, è che le cose fatte 'per dav­vero' hanno conseguenze che gli autori non possono congedare con una semplice scusa e un sorriso. 

Nella 'vita reale', ogni passo 'fa la differenza', una differenza che la­scia il segno; dopo aver sofferto u­na sconfitta o causato dei danni, non si può iniziare un nuovo gioco 'dallo stesso punto di partenza', come se niente fosse successo nel round precedente. Mentre la storia avanza protraendosi dall’infanzia all’età adulta, questa stessa diffe­renza tra gioco e realtà viene rico­nosciuta come 'parte del gioco' e, pertanto, facilmente rimossa o di­menticata. I giocatori non sono più in grado di distinguere i due mondi, anche quando è in gioco ciò che loro stessi fanno e provano. Ma, in ogni caso, dov’è la 'diffe­renza'? Gli 'altri', le vittime e i cu­stodi, insistono nell’asserire che la differenza cruciale consiste nel fat­to che le marachelle commesse in un gioco, diversamente dai danni provocati nella 'vita reale', non comportano alcun carico di re­sponsabilità. Ma senza nessuna i­nibizione e senza nessun rimorso Julien e Sophie rovinano la propria vita con la stessa serenità con cui distruggono vite vere, sin troppo vere, di altri il cui destino si incro­cia con il loro. Per quanto profon­de possano sembrare, dal punto di vista privilegiato dei tecno-proget­tisti proiettati sull’obiettivo da rag­giungere e degli esperti di marke­ting, le differenze fra le due sfere si riducono a nulla se parago­nate con la 'realtà', ovvero con il mondo offline non mediato elettronicamente a cui manca la difesa dei co­mandi 'stop', 'cancella', 'elimina' o 'ritorna alla pa­gina iniziale'. Per coloro che hanno provato le como­dità del mondo online, la mancanza del comando 'cancel' fa apparire la vita offline inferiore, insufficiente, forse addi­rittura intollerabile. Per le genera­zioni che crescono nel mondo sa­turato dall’elettronica, l’attrazione principale del mondo online deri­va dall’assenza di contraddizioni e di ragionamenti incrociati che per­seguitano la vita offline. Il mondo virtuale offre uno scopo assieme ai mezzi per soddisfarlo, mentre nel mondo 'reale' i fini sperati e i mezzi messi a disposizione per raggiungerli sembrano stare agli opposti. Diversamente dalla sua alternativa offline, il mondo online rende l’infinita moltiplicazione dei contatti sia plausibile che fattibile. 
Lo fa attraverso l’indebolimento dei legami, accorciando e impove­rendo gli impegni, in sfrontata op­posizione alla sua controparte of­fline che notoriamente trova le proprie coordinate sullo sforzo di rafforzare continuamente i legami attraverso una limitazione forte del numero di contatti e un con­temporaneo approfondimento di ogni legame. Il mondo virtuale promette un miglioramento del mondo 'reale', sospeso e bloccato tra la straziante irrealtà dei suoi desideri e l’inadeguatezza dei mezzi atti a soddisfarli. Il mondo virtuale sembra puntare dritto al futuro (diverso e migliore, più pia­cevole). Plasma inoltre il prisma attraverso cui vengono percepite, interpretate e valutate, le esperien­ze derivate dal resto del Lebenswelt o vissute nel 'mondo reale' (o nel mondo visto come in un 'reality'). Quando guardiamo attraverso questo prisma, troviamo che il 're­sto' è difettoso e ha urgente biso­gno di essere corretto: cioè ha bi­sogno di essere elevato a quel livello di comodità e facilità d’uso che il mondo online è già riuscito a rag­giungere. Giorgio Agamben ha recentemente sottoli­neato che anche se la capa­cità di comandare, permet­tere, proibire e punire, e quindi l’efficacia e la capa­cità di vincolare il prossimo, era il significato delle idee di 'forza di legge' o di 'norma di legge' dai tempi della concretizzazione del canone giuridico degli antichi ro­mani, «è soltanto in epoca moder­na, nel contesto della Rivoluzione francese, che essa comincia a indi­care il valore supremo degli atti statuali»; solo da allora, al limite di quella condizione autodefinita co­me 'stato civile', la force de loi ha assunto il significato di «intangibi­lità della legge, anche nei confronti del sovrano, che non può né abro­garla né modificarla». Potremmo dire che il concetto di force de loi 
nella sua versione moderna, co­niato simultaneamente alla rifor­mulazione della vecchia idea di 'barbarie' in opposizione al neo­nato concetto di 'civiltà', è stato utilizzato come bastione per sepa­rare l’ordine emergente dal suo primitivo passato premoderno. In quella occasione, le enfasi nella definizione di 'barbarie' erano state spostate. 'Barbarie' diventò sinonimo di stato di illegalità, as­senza di norme coercitive, ineffi­cacia della legge e della sua 'inca­pacità di costrizione'. La 'barba­rie' ha smesso di significare una fase preliminare precedente all’av­vento della civiltà per assumere quello della ritirata della civiltà, apparentemente già vittoriosa. Ha assunto il significato di una nega­zione e in generale di fallimento dell’ordine civile.