UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Chiesa e internet: i termini della sfida

Si è concluso il seminario nazionale di studio "Diocesi in Rete. Chiese locali, internet e social network", tenutosi a Roma il 23 e 24 novembre e organizzato dall'Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e dal Servizio Informatico della CEI
25 Novembre 2010
"Aiutiamoci a leggere e a interpretare questo tempo: ne trarrà beneficio il lavoro di ciascuno di noi, mentre contribuiremo a fare la nostra parte per 'Educare alla vita buona del Vangelo' anche la generazione dei nativi digitali". È il saluto rivolto da mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, ai partecipanti al seminario "Diocesi in Rete. Chiese locali, internet e social network", che si è tenuto il 23 e 24 novembre a Roma per iniziativa dell'Ufficio per le comunicazioni sociali e del Servizio informatico della Cei, al quale hanno partecipato 200 persone in rappresentanza di 85 diocesi. Dopo aver citato in apertura il convegno "Testimoni digitali", svoltosi nell'aprile scorso e culminato nel'incontro con il Papa, mons. Crociata ha esortato a "fare insieme un altro passo avanti" sulla scia degli stessi "Orientamenti pastorali", per "assumere consapevolmente l'azione educativa nell'orizzonte culturale e sociale". Prossima tappa: il convegno che la Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali promuove a Macerata nel maggio 2011.
 
Identità e riconoscimento
"Il social network - ha detto mons. Domenico Pompili, sottosegretario della Cei e direttore dell'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali - è sempre più un terzo luogo tra pubblico e privato, tra personale e sociale", dove emergono alcuni "prepotenti bisogni". Primo è il bisogno d'identità: "Nelle comunicazioni in rete - ha spiegato - ciascuno presenta se stesso con i caratteri frequentemente dell'idealizzazione". C'è, ovviamente, "il rischio di artificiosità", con il "tentativo di una fuga dalla realtà concreta per vivere un'identità puramente immaginaria, fittizia", ma c'è anche "un bisogno profondamente positivo: quello, cioè, d'instaurare relazioni nella quali non valgano il pregiudizio, il peso di ciò che si è socialmente sedimentato. Insomma il bisogno di un nuovo inizio", a cui il cristianesimo offre la risposta dello "sguardo di Cristo". In secondo luogo il "bisogno di riconoscimento", e "molte espressioni dell'esperienza in rete, dai blog personali ai profili, possono essere letti come una ricerca di visibilità, per paura dell'invisibilità".
 
Amicizia, comunità e autorità
Sul web "la crescita esponenziale dei contatti va di pari passo con una decrescita di rapporti e la connettività non è la stessa cosa della prossimità". Tutto questo, però, per mons. Pompili "non cancella il bisogno di amicizia vera". La rete, in altre parole, "quando è segnata dalla qualità della conversazione rende possibile fare opera di manutenzione delle relazioni, trasforma semplici contatti in confidenza e autenticità, trasferisce il mondo virtuale in quello reale". In una "società liquida" in cui "la vita convulsa rende più difficile reggere i rapporti interpersonali, perfino quelli parentali", il social network fa emergere inoltre il "bisogno di comunità", mettendo "in secondo piano l'aspetto del legame concreto e della responsabilità reciproca, che però possono essere reintrodotti in una seconda fase". Infine, il "bisogno di autorità": "La rottura dell'asimmetria giovane-adulto, genitore-figlio, docente-alunno, educatore-educando - questa l'analisi del relatore - è all'origine del vuoto educativo". Di qui "i rischi di equivalenza" e di "relativismo", ma anche il bisogno di una "differenza" giocata "non più sul ruolo, ma sulla credibilità personale".
 
Tra tenebre e luce
On line si gioca una battaglia "tra le tenebre e la luce" per Gianni Riotta, direttore del "Sole 24 Ore", dove le tenebre sono il relativismo e la pretesa di essere nel giusto attingendo solo alle fonti che avvalorano la propria tesi. Ma "se noi perdiamo la battaglia contro le tenebre on line - ha messo in guardia il giornalista - nel prossimo futuro in Occidente il risentimento che si accumula renderà impossibile ogni confronto civile". Per questo, ha sottolineato, è importante "sforzarci di dire che sulla rete il relativismo è una vera malattia: il bene è bene e il male è male, il vero è vero e il falso è falso".
La "prassi" della testimonianza. "Se la tecnologia, e in particolare la rivoluzione digitale, modifica anche il modo di pensare le cose, ciò non finirà per riguardare anche, in qualche modo, la fede?". A chiederselo è stato p. Antonio Spadaro, redattore di "Civiltà cattolica", secondo il quale "la rete e la cultura del cyberspazio pongono obiettivamente nuove sfide alla nostra capacità di formulare e ascoltare un linguaggio simbolico pubblico che parli della possibilità e dei segni della trascendenza nella nostra vita". "La logica della rete implica che la conoscenza passa per la relazione", ha affermato il religioso soffermandosi sulla necessità, anche per i credenti, di aprirsi alla logica dei social network, a patto però che essi vengano intesi come "spazi di condivisione". "Determinante", in questa prospettiva, è "la categoria e la prassi della testimonianza". La Chiesa in Rete, ha concluso dunque Spadaro, "è chiamata non solo a un'emittenza di contenuti da siti istituzionali, ma anche a una testimonianza in un contesto di relazioni ampie".