UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Ci siamo»

«Portaparola». L’ho considerato sempre un nome impegnativo, poi se si scrive parola con la 'P' maiuscola ancor di più. Quale 'parola' possiamo portare in questi giorni così drammatici che stiamo vivendo come Chiesa aquilana? La domanda non va via dal cuore anche se una risposta si tenta di darla ogni giorno.
15 Aprile 2009

di CLAUDIO TRACANNA*
«Portaparola». L’ho considerato sempre un nome impegnativo, poi se si scrive parola con la 'P' maiuscola ancor di più. Quale 'parola' possiamo portare in questi giorni così drammatici che stiamo vivendo come Chiesa aquilana? La domanda non va via dal cuore anche se una risposta si tenta di darla ogni giorno. Domenica abbiamo portato la parola di Avvenire in vari campi degli sfollati. È stato bello vedere tra la gente tanta sete di notizie e soprattutto di notizie 'di fede'. La parola dell’arcivescovo, il suo augurio di Pasqua (stravolto da qualcuno che non ha mai letto la Bibbia e l’ha considerato 'choc' perché l’arcivescovo, facendo riferimento a Giobbe, ha detto che siamo tutti un po’ arrabbiati con Dio) è arrivato tra la gente grazie al 'nostro' quotidiano. Inoltre domenica si doveva pubblicare anche la pagina diocesana. Avevo completato la pagina Domenica delle Palme intorno alle 21.30, sei ore circa prima della tragedia. Dovevo chiamare in redazione a Milano per i consueti accordi e le 'dritte' opportune. Il lunedì mattina, verso le 6, quando son riuscito ad arrivar e a piedi in piazza Duomo, vedendo le macerie, oltre a un’infinità di ricordi che si sono affollati nella mia mente, ho pensato anche alla pagina. Cari amici – ho detto lunedì alla redazione di Avvenire che chiamava per sapere come andavano le cose – , mi sa tanto che domenica prossima dobbiamo rinunciare alla pagina. Oppure no, anzi dai, facciamola ugualmente! Se mi aiutate voi dalla redazione centrale di Milano ce la facciamo, perché la Chiesa aquilana continua a vivere, ad agire, a pregare. Ora più che mai è vero che la Chiesa è fatta di pietre vive, che oggi continuano a sperare contro l’odore di morte che si respira in città. Francesco, Portaparola di Lucoli, mi chiama per assicurarmi che tutti stanno bene e che, nonostante la paura, non hanno perso affatto la voglia di portare agli altri quella parola che riempie la nostra vita. E non rinunceremmo mai all’occasione di annunciare agli altri, come sentimmo dire un anno fa al forum nazionale dei Portaparola di Bibione, che «c’è dell’altro». Anche don Arturo, il parroco di San Giovanni di Cagnano – un’altra parrocchia dov’è attivo il Portaparola –, mi chiama e mi dice che stanno tutti bene. E poi il novello Portaparola, Ruggero, della parrocchia di San Mario alla Torretta, che più volte ha dato la sua disponibilità per non interrompere la comunicazione nella nostra diocesi...
Il curatore del sito diocesano, Luca, ha provveduto subito a inserire su www.diocesilaquila.it le coordinate della Caritas diocesana per contribuire alla ricostruzione. Insomma, con la croce nel cuore i Portaparola dell’Aquila continuano, con i pochi mezzi a disposizione, a svolgere il loro ruolo, la loro missione. Oggi più che mai la nostra gente ha bisogno di una parola onesta, vera e carica di quella speranza che solo chi sta cercando di gettare le reti sulla Sua parola può portare.
 * coordinatore Portaparola arcidiocesi dell’Aquila