UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Con la lingua
muore anche la civiltà

Ai tempi del liceo, il professore di greco e latino ci invitava a leggere il vocabolario e molti di noi ricominciavano sempre dalla A: Abate, Abbambinare, Abburattare, Abigeato... Pochi riuscivano a superare la D, i più tenaci arrivavano alla F...
20 Gennaio 2012
Ai tempi del liceo, il professore di greco e latino ci invitava a leggere il vocabolario e molti di noi ricominciavano sempre dalla A: Abate, Abbambinare, Abburattare, Abigeato... Pochi riuscivano a superare la D, i più tenaci arrivavano alla F. Gli astuti si sottraevano alla tirannia dell’alfabeto e aprivano il Melzi o il Petrocchi a caso e si leggevano una facciata della S o della L. Ma chi legge più il vocabolario, oggi? Non lo si consulta neanche per tradurre qualche termine dall’inglese: è tanto più comodo e modaiolo lasciare la parola straniera: hub, range, spread, default... o addirittura sostituire l’italiano con l’inglese: news, question time, ticket, gossip... Per non parlare dell’abitudine dilagante (ancora di origine inglese) di premettere sempre l’aggettivo al sostantivo: la completa pulizia, la naturale necessità... A quando le italiane città o le francesi donne? Si toglie così alla nostra lingua una delle sue caratteristiche più tipiche ed espressive, che ci consente di distinguere tra una macchina semplice (il cuneo, la leva, la vite...) e una semplice macchina o tra un buon uomo e un uomo buono. Ma la distinzione richiede un gusto e un affetto, direi un amore, per la lingua che oggi è quasi scomparso. E dire che la lingua, alla quale dobbiamo la nascita della civiltà e lo sviluppo della cultura, trascinerebbe con sé, nel suo tramonto, la civiltà e la cultura come le conosciamo. Certo, può darsi che sorgano all’orizzonte forme nuove e meravigliose di espressione e di comunicazione: chi vivrà vedrà. Ma chi ha poca pratica della parola è facile preda dei retori, dei sofisti e degli azzeccagarbugli. Recupero dalle profondità della mia biblioteca il 'Dizionario del vernacolo fiorentino' messo insieme verso il 1878 da Pirro Giacchi e da poco ripubblicato dall’editore Nerbini, e vi trovo delizie come 'Stare in barba di micio' (Starsene godendo, come il gatto quando fa le fusa e sornacchia sui baffi, avendo ben bene mangiato), 'Murare a secco' (Mangiare senza bere, come si fanno alcuni muri senza il liquido della calcina), 'Nàchero' (Per nano; ma alquanto guasto di gambe), 'Far tela' (Scappare, dal greco Tele, lontano).

Chissà se i fiorentini usano ancora il loro sfolgorante vernacolo. Più recente un libricciuolo di Mario Pinchera, 'Lingua d’OK', pubblicato da Interlinea, pieno di garbato umorismo (a proposito di Accellerato: È più o meno veloce di un accelerato? Quanto alla doppia l, che si tratti di un incrocio con scellerato?), ma anche di puntuto sarcasmo (Abbrut(t)imento: Con una o due t, non fa, a ben guardare, gran differenza. Ma a me basta per non acquistare il libro che sto sfogliando in libreria. A me), di ironia (Relax; Stress: Oggi chi si stanca più? Nessuno. Però tutti si sentono stressati. E curano lo stress. E il buon riposo ristoratore dopo la fatica? Ma che. Oggi, disperatamente, si ricerca un po’ di relax) o di canzonatura (Un delitto efferrato: compiuto da chi ha il cuore di ferro, molto più grave del delitto efferato). Un vero godimento, per palati sensibili: okkey?