UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

E il videogame
salverà i giovani?

Secondo uno studio compiuto negli Usa, le ore passate davanti allo schermo non solo non provocherebbero danni ma favorirebbero anche una diminuzione della criminalità minorile. Dati da prendere con cautela e da inserire nel contesto da cui provengono, ma pur sempre interessanti...
26 Ottobre 2011
Brutte notizie per i genitori e gli educatori che si sfor­zano di tenere i ragazzi lontano dai computer: sembra che le ore passate a giocare da­vanti allo schermo non solo non siano dannose, ma che addirit­tura favoriscano la diminuzione dei reati giovanili.

Secondo i dati di un recente stu­dio del “Centre for European E­conomic Research”, infatti, la considerevole diminuzione dei reati compiuti negli Usa nell’ul­tima decade - e parliamo della metà di quelli compiuti negli anni ’90 - è proprio merito dei videogiochi, che hanno tenuto lontano dalla strada, e quindi dal crimine, molti potenziali de­linquenti, che si sono limitati a compiere tali reati solo nei gio­chi virtuali, davanti alla tv e senza alcuna conseguenza pe­nale: al massimo si perde e bi­sogna ricominciare il gioco dac­capo.
Certo, sono dati da prendere con cautela, e soprattutto vanno inseriti in un contesto, quello statunitense, che è assai diverso da quello europeo in generale e quello italiano in particolare, ma sembra che la tendenza glo­bale vada in quella direzione, come dimostra un altro luogo comune sfatato: di solito, chi passa ore a giocare davanti al computer è considerato una persona poco socievole, con de­gli insuperabili problemi di rela­zione, quello che in inglese si chiama un nerd. Ebbene, pare che, almeno negli Usa, sia vero esattamente il contrario: Jane McGonigal, autorevole media­guru e apprezzata game-desi­gner, ha appena pubblicato La realtà in gioco (Apogeo), un ponderoso saggio che dimostra come i giochi possano essere u­tilizzati per accrescere il nostro benessere aumentando il tasso di socialità - e socievolezza - dei giocatori.
L’autrice parte da lontano, addi­rittura da Erodoto, per dimo­strare che i giochi migliorano la qualità della vita, come accadde ai Lidi quando, secondo lo stori­co greco, inventarono il gioco dei dadi per sopravvivere a una lunghissima carestia, alternan­do i giorni dedicati al cibo e quelli in cui si sfidavano con at­tività ludiche, che gli permisero di affrontare con successo i pro­blemi reali. Oggi non è più la fa­me, ma la noia, l’angoscia, la so­litudine o la depressione a ren­dere triste l’esistenza di molti individui, che nei giochi posso­no trovare sollievo o addirittura una soluzione alle loro difficoltà senza fuggire dalla realtà ma af­frontandola con successo. Que­sto è il punto di maggiore inte­resse del libro, che non si limita a teorizzare possibili scappatoie virtuali per lenire il disagio della realtà, ma propone un approc­cio diverso al mondo dei video­giochi, che lungi dall’estraniarci dalla realtà, potrebbero inse­gnarci ad affrontarla con mag­giori probabilità di successo.
Al rafforzamento delle virtù individuali, sempre secondo la studiosa americana, i videogiochi possono affiancare lo sviluppo di sensibilità sociali, come nel caso di The Extraordinaries o World without Oil, che invitano i giocatori ­che sono tantissimi in tutto il mondo, a partecipare al mondo del microvolontariato, o a esplorare possibili alternative energetiche ai combustibili fossili. The Extraordinaries è un’applicazione web, utilizzabile anche dai cellulari di ultima generazione, che permette a chiunque di far del bene, e non solo virtualmente: infatti si può, in un paio di minuti, aiutare una reale organizzazione no profit a raggiungere i suoi obiettivi, trasformati in una specie di caccia al tesoro tanto appassionante quanto effettivamente utile.
World without Oil, invece, immagina che, nel mondo reale, il petrolio stia esaurendosi; i giocatori, per sopravvivere, devono scambiarsi informazioni inventando soluzioni ai problemi di tutti i giorni, dalle inevitabili difficoltà nei trasporti alle probabili insurrezioni rivoluzionarie.
Finanziato dalla “Corporation for Public Broadcasting”, il gioco ha immediatamente suscitato la curiosità di migliaia di giocatori, che hanno esplorato le più originali alternative, dalla coltivazione della propria verdura sui terrazzi dei condomini trasformati in orti alla diffusione di nuovi velocipedi, fino a enfatizzare quelle piccole attenzioni che possono cambiare le abitudini quotidiane come l’uso di borse di tela per fare la spesa o una maggiore, quasi maniacale cautela nell’evitare gli sprechi aumentando il riciclo.
Certo, si tratta di giochi la cui partecipazione non vanta i numeri del fantasy game World of Warcraft, che ha 13.000.000 (tredici milioni) di iscritti pronti a uccidere orde di nemici con armi e sortilegi, ma in futuro, forse anche in Europa, le cose potrebbero cambiare: il gioco è una cosa dannatamente seria.
 
 
di Luca Gallesi