Qual è l’aspetto più preoccupante della ricerca?
Almeno la metà dei nostri ragazzi non chiude mai la connessione a Internet e questo comportamento modifica la percezione di sé e degli altri. Queste sono persone che cercano continuamente l’illusione delle relazioni virtuali e non stanno imparando a stare da soli, denotando una grave fragilità emotiva.
Perché è importante saper stare da soli?
Chiudere i contatti con l’esterno implica la capacità di tracciare dei confini tra sé e l’altro e ciò permette di diventare adulti. Invece, oggi ci sono persone colpite da “nomofobia”, che è la dipendenza dal telefono cellulare. C’è gente che addirittura non tollera che il telefonino possa essere scarico.
Cosa comporta, per la persona, questo stato di perenne collegamento alla rete web?
Sicuramente, l’impoverimento della capacità di entrare in relazione con gli altri in maniera profonda. La ricerca denota che, in molti casi, manca totalmente l’educazione allo scambio relazionale. Internet, che è e deve rimanere soltanto uno strumento, diventa invece un’estensione di sé e crea dipendenza e progressivo isolamento sociale con annessa sindrome ansioso-depressiva.
Qual è il compito degli educatori, genitori e insegnanti?
Educare gli adolescenti a un corretto utilizzo delle risorse del web. E questo, come dicono i dati della nostra ricerca, può influenzare positivamente anche il rendimento scolastico degli studenti. Generalmente, il 60-70% dei ragazzi riesce a instaurare un rapporto positivo con Internet e la rete web, ma c’è un 30-40% che, invece, va aiutato.
Concretamente, che cosa si può fare?
Bisogna puntare sulla cultura della disconnessione, lavorando sulla capacità di restare scollegati dalla rete. Questo è un passaggio fondamentale ma tutt’altro che semplice da attuare. Ci sono, infatti, ragazzi che addirittura non riescono a dormire se il cellulare è spento. Il telefonino diventa allora come l’orsacchiotto o il bambolotto che si portavano a letto da bambini.
In casi del genere come si deve comportare un genitore?
Certamente, non si può limitare a sequestrare il telefonino al figlio. I genitori devono interessarsi all’attività on line dei propri ragazzi, cominciando con il colmare il gap di conoscenze digitali che ancora divide le generazioni.
La strada giusta è allora chiedere al proprio figlio l’amicizia su Facebook?
Non necessariamente, anche se avere un proprio profilo aiuta a conoscere l’ambiente dove interagisce il ragazzo. Può invece essere utile chiedere l’amicizia ad altri genitori, creando una rete per scambi di esperienze e consigli.
E chi non ha dimestichezza con il web che cosa può fare?
Può generare la diversità. Anche al tempo di Internet, organizzare una bella partita a calcio con i propri figli è una buona scusa per spegnere computer e telefonino.