Tutti d’accordo, o quasi, sulla necessità di impedire ai figli l’accesso a siti pornografici su internet. Pochi però, neanche uno su cinque, fanno qualcosa di concreto. Come installare un sistema di protezione della navigazione.
Metà degli italiani d’altronde non conosce questi sistemi di parental control che proteggono i ragazzi nella navigazione nel web. I dati sul difficile rapporto tra famiglie e internet emergono da un’indagine commissionata dall’associazione Centro Elis a Format srl. Il 98% del campione è convinto che almeno fino a 12 anni i ragazzini debbano essere tutelati dall’esposizione al sesso. Percentuale che scende coll’innalzarsi dell’età ma comunque resta all’86% anche per i 16 enni fino al 65% che ritiene opportuno un accesso controllato fino a 18 anni. I problemi emergono quando si tratta di fare qualcosa per proteggere i piccoli anche quando non ci sono papà e mamma che sbirciano nel monitor. L’83% dei genitori ammette che sul pc di casa non c’è nessun sistema di protezione. Le cose vanno meglio tra i genitori più giovani, nella fascia 35-44 anni: quasi il 54% ha installato protezioni.
Mentre la carta stampata e la televisione sono tradizionalmente controllati in maniera più o meno efficace, internet resta una terra di nessuno. «Sulle edizioni on line dei grandi quotidiani appaiono foto sessualmente esplicite che le stesse testate si guardano bene dal pubblicare sulle edizioni cartacee», dice Michele Crudele, direttore del portale di Elis (
www.ilfiltro.it).
I sistemi di controllo d’altronde sono conosciuti solo dal 48% degli italiani. Mentre l’Istat ricorda che tra 2005 e 2010 i bambini tra i 6 e i 10 anni che usano internet sono passati dal 13 al 37%, quelli tra 11 e 14 dal 44 al 76%, mentre sono il 92% tra chi ha più di 15 anni.
La necessità di installare sistemi di protezione - afferma la ricerca - è invocata da chi si occupa di prevenzione della pedofilia sul web. Uno dei meccanismi di adescamento degli “orchi” fa leva sull’assuefazione dei minori alle immagini erotiche. Così inizia uno scambio di foto sempre più esplicite e continua il dialogo col pedofilo che punta a un incontro di persona. I filtri però non bastano: «L’uso di questi sistemi – precisa Crudele – non è risolutivo, sia per la loro parziale efficacia che per la possibilità di accedere da altri fonti. È la qualità del rapporto genitore figlio la chiave del problema e la migliore prevenzione».
Il problema si pone anche a scuola dove, specie nelle primarie, manca personale competente e le reti a disposizione dei bambini non sono protette. La ricerca del Centro Elis avverte: «La diffusione dell’accesso a internet in modalità wireless annunciata dai ministri Gelmini e Brunetta amplia ancora di più i rischi». «Occorrere regolare per legge l’obbligo di identità per chi naviga in rete – è la richiesta di Crudele – perché non è vero che esiste il diritto all’anonimato ». Ma internet non va demonizzato perché è anche è fonte di conoscenza e di socializzazione. «Bisogna affogare il male nell’abbondanza di bene», ricorda il Centro Elis. Come? Rendendosi attivi. Correggendo le voci sbagliate di Wikipedia, creando video educativi e creativi su Youtube, promuovendo cause utili su Facebook.