UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Generazione, tradizione, autorità: tre sfide per l'educazione

Generazione, tradizione, autorità sono le parole chiave su cui ha fatto leva ieri il Vescovo Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI, a Bibione, nel contesto della manifestazione “Bibione guarda all’Avvenire” organizzata dalla Parrocchia Santa Maria Assunta e dall’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Concordia – Pordenone.
6 Luglio 2010
“Dire generazione significa fare riferimento all’esperienza umana fondamentale, cioè quella di non essere origine a se stessi e di non essere degli sradicati, ma di provenire da qualcun altro. È vero che non è una esperienza che ciascuno possa ricordare come fatto singolare della sua nascita, e tuttavia essa segna così radicalmente il nostro essere da costituire non solo un evento del passato ma una condizione permanente. Siamo nati e rimaniamo per sempre tali, figli dei nostri genitori – ha sottolineato Mons. Crociata -. Questo tipo di coscienza del nostro essere generati è la condizione principale di ogni processo educativo. Diventare compiutamente se stessi, raggiungere il risultato del processo educativo è il prolungamento e il compimento del nostro essere generati. Non basta essere procreati per essere generati; non basta mettere al mondo una creatura per renderlo figlio e persona. Solo un accompagnamento fatto di cura assidua, di relazione profonda, di amore totale permette al ‘cucciolo di uomo’ di diventare persona. All’interno della relazione di amore parentale, origine e modello di ogni relazione educativa, si sviluppa una comunicazione che è profondamente personale e coinvolge tutte le dimensioni dell’essere umano. Tra genitori e figlio si compie una specie di comunicazione di anime, in cui il piccolo accoglie, riceve, imita, si identifica e quasi si assimila ai genitori, ma così facendo ciò che avviene in lui è il crescere e il formarsi di qualcosa di inconfondibilmente suo e che nessuna somiglianza può ridurre a mera ripetizione o riproduzione di qualcun altro, poiché è una nuova personalità – la sua – lentamente ad emergere e formarsi”.  La seconda parola evidenziata dal Segretario Generale della CEI importante sul piano dell’educazione è tradizione. “Essa – ha detto - fa pensare immediatamente a qualcosa di superato e di sorpassato, mentre costituisce il dinamismo fondamentale della vita umana. Noi siamo umani non solo per come siamo costituiti nella nostra corporeità, psicologia, spiritualità, insomma nella nostra personalità, ma perché la nostra personalità si forma raccogliendo una lunga e complessa eredità culturale fatta di lingua, stile di vita, sistemi di relazioni, istituzioni, arte e molto altro ancora, e inserendosi consapevolmente in tale processo. Educazione significa che la storia e la vita umana non cominciano con noi, ma che siamo inseriti in un processo continuo lungo il quale soltanto gli umani siamo diventati, e ridiventiamo sempre di più, tali. La tradizione rappresenta anche la condizione per lasciar emergere l’originalità e l’unicità di ciascuno. Non è infatti nel vuoto che si può sviluppare una personalità originale, ma soltanto all’interno di un processo di trasmissione che fornisce gli strumenti per potere perfino eventualmente prendere posizione nei confronti della stessa tradizione ricevuta. Come la lingua, che uno può arrivare ad usare in modo supremamente creativo solo se l’ha imparata a usare. Per questa ragione non può esserci neutralità in educazione, poiché soltanto una proposta precisa, compiuta, definita permette di acquisire gli strumenti intellettuali, psicologici, esperienziali che solamente rendono persone e, al limite, anche capaci di respingere in tutto o in parte la stessa tradizione culturale in cui si è cresciuti. L’assenza di scelta e di proposta, una presunta indifferenza o neutralità produce solo fallimenti educativi, persone incompiute, eternamente alla ricerca di qualcosa che sono destinate a non poter raggiungere mai, poiché non hanno mai veramente imparato la grammatica dell’umano, che è l’assunzione consapevole e critica della tradizione entro cui la vicenda biografica ha collocato ciascuno di noi – ha proseguito Crociata -. In stretta continuità con quanto detto, si colloca la terza parola chiave di questo piccolo lessico dell’educarsi nella verità, che è comunque anche verità dell’umano. La parola è autorità, la quale ancor più appare ostica in un tempo in cui la coscienza del valore della libertà ha raggiunto lo sviluppo più avvertito. Ebbene proprio per una libertà autentica è assolutamente necessaria la presenza dell’autorità nel processo e nella relazione educativa. Autorità naturalmente non va confusa con autoritarismo, ma va intesa come esercizio di un responsabilità a partire da una autorevolezza personale e competente da parte dell’educatore”.
L’educazione, dunque, ha concluso il Vescovo Mariano Crociata, “ha bisogno di speranza, di fiducia, di capacità di futuro, di visioni che proiettino il nostro sguardo e il nostro impegno verso mete a cui merita tendere e dedicarsi, e prepararvi le nuove generazioni. Anche perché proprio le nuove generazioni aspettano una proposta, coltivano nel cuore una attesa educativa, sono aperti alla speranza di un futuro veramente umano; solo che spesso non trovano nessuno in grado di farla loro, non incontrano adulti ed educatori capaci, carichi di passione educativa. Forse da qui si tratta di ricominciare, ovvero alla capacità di fiducia e di apertura ad un futuro su cui gettare l’ancora della nostra speranza”.  (vi.gri)