«Un popolo si riconosce come tale, non in forza dell’economia, ma in forza di una concezione dell’uomo, della vita, della società, perché sono i valori che fanno la visione delle cose». Per questo «il mondo dei mass media ha una grande e delicata responsabilità perché una nazione, un popolo, non lo si fa con l’economia o con la finanza ma con la cultura». Nello stesso tempo, «la banalizzazione» da parte dei mezzi di informazione «nell’approcciare i problemi, anche i più tragici, è veramente diseducativa e irrispettosa». Infatti, «non esiste informazione senza formazione perché non può esistere una informazione neutrale » e, sebbene il giornalista tenti di mettersi in una posizione il più possibile neutra, «ossia di informare sugli accadimenti, sa benissimo che, mentre informa, partecipa a una formazione culturale e mentale».
In occasione della festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli operatori della comunicazione, che si è svolta sabato 28 a Genova, il cardinale Angelo Bagnasco ha svolto una riflessione a tutto tondo sul mondo dell’informazione approfondendo in particolare la «banalità» di alcuni contenuti veicolati attraverso la televisione e internet. Per fortuna, ha affermato, «la gente, a un certo momento, si stufa e reagisce e non è vero che di fronte alla banalità la gente non reagisca più e acquisisca tutto quello che viene proposto e propinato e reagisce a quella cultura della banalità che poi diventa una forma di desocializzazione che corrompe il sentire». Da qui l’invito del porporato, «non soltanto a elevare il gusto per la verità, ma anche essere più educativi nel trattare le tragedie umane, qualunque esse siano». «Tutto quello che fa parte della storia – ha proseguito l’arcivescovo di Genova – deve essere affrontato come informazione, questo è un diritto e un dovere, ma il modo deve essere il più possibile corretto e non banalizzante» perché un tale approccio «non aiuta a niente ». Concetto ribadito poco dopo quando ha spiegato che, «laddove in una società si assiste a una discesa nel livello di comunicazione, magari per farsi leggere o ascoltare » diventa «doveroso e moralmente giusto reagire perché la massa di fronte a proposte più alte e più nobili non è vero che è indifferente». Agli operatori della comunicazione presenti il porporato ha quindi ricordato che i vescovi italiani hanno dedicato il decennio che stiamo vivendo alla sfida educativa. «Voi giornalisti – ha affermato il porporato – siete i protagonisti di un obiettivo pastorale e culturale, insieme ad altri soggetti come genitori, insegnanti e la scuola». Ed è per questo motivo, ha spiegato, che «nell’ambito del decennio corrente sulla sfida educativa, spero di poter programmare un anno rivolto a voi in cui fare alcune attività e incontri proprio con il mondo della comunicazione, con gli operatori della comunicazione sociale». Al termine dell’incontro ha accennato al congresso eucaristico in programma a Genova nel 2016. Lo ha definito «un’occasione bella e un momento di grazia». Un appuntamento certamente rivolto alla Chiesa «che, riflettendo sull’Eucaristia, ritorna alle sue origini», ma anche di una opportunità «per tutta la città e tutta la società civile perché, se si confronta liberamente con il mistero eucaristico, a prescindere dalla fede, coglierà ancora una volta la bellezza di una vita che si fa dono».