Giochiamo al gioco del paniere. Il paniere Istat, quello che registra l’andamento dei prezzi di alcuni beni di consumo e, di conseguenza, serve a calcolare l’inflazione. Il paniere fotografa, a modo suo, una società. Ecco allora il paniere numero uno: inchiostro nero per scuole, carbon coke, legna secca da ardere, polacchi neri per uomo e ragazzo e soprattutto olio di ricino. In quali anni siamo?
Troppo facile: è il 1928, l’esordio del paniere, mentre l’Italia si dondola placida, tra inchiostri e oli, dentro il Ventennio, tra le braccia di un 'grande babbo' che si prende cura di noi (l’olio di cui sopra è per i ragazzi con l’intestino pigro e gli adulti irriconoscenti). Altro paniere: prosciutto, calze di nylon, frigorifero, televisore: facilissimo, sono gli anni del boom, a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta, quando non ci culliamo ma corriamo spensierati verso il benessere, forse, chissà, presumibilmente; ancora resiste, perbacco, la brillantina... E oggi?
Il paniere, innanzitutto, ci colloca geograficamente. Abbiamo la grappa ma non la vodka, il tonno ma non l’aringa, la caffettiera ma non la teiera. Siamo decisamente italiani. Da oggi, poi, nel paniere – un paniere gonfio di 1.398 prodotti, quando nel 1928 erano poche decine – entrano almeno due voci che descrivono la complessità contraddittoria dell’Italia di mezzo, che non sa bene se disperarsi o sperare, se scialacquare o investire, se puntare sulla fortuna o sul talento. Il primo sono le «lotterie istantanee». Noi diciamo «Gratta e vinci» ma il burocratese è una neolingua che non può rendersi comprensibile, infatti nel paniere ci sono pure i «giochi a base ippica» (non ittica per ora, ma un domani forse). Già lo sapevamo, perché lo vediamo ogni giorno nei bar e nelle tabaccherie; perché per alcuni, forse purtroppo molti italiani non è un diversivo da pochi euro ma una vera malattia – ludopatia, la sindrome da gioco irrefrenabile che comprende anche le macchinette mangiasoldi, i poker-on-line e altre diavolerie simili – tanto comune da finire dritta dentro il paniere, sì, come nel 1928 l’olio di ricino a cui per certi versi è analoga, nel senso che ti alleggerisce di brutto. Un segno dei tempi: quando dominano insicurezza e paura, quando cultura, talento e professionalità sembrano non bastare a garantire un’esistenza dignitosa a te e alla tua famiglia, è fatale che i tentativi di affidarsi alla botta di fortuna aumentino, come pure i diversivi, le 'anestesie' scacciapensieri... e questo appunto può diventare il gioco, una droga, con tanto di dipendenza come effetto collaterale indesiderato.
Poi però troviamo pure l’e-book reader, non un gadget elettronico modaiolo – non ci puoi né giocare né chattare – ma uno strumento per archiviare e leggere libri, per semplici appassionati e per bibliomani, un impegno economico in cultura tipico di chi pensa al futuro, è convinto che la conoscenza sia un investimento redditizio, e non si abbandona a malinconia e sconforto. Due indicatori di due Italie che convivono e si mescolano e ci costringono al pensiero complesso. Il paniere è come un lago che riceve acqua da innumerevoli fiumi e torrenti e rivi, come il «Gratta e vinci» e il «Leggi e cresci». Questo siamo noi, oggi, gli italiani del 2012. Ci piaccia o meno.