UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il profilo dell'animatore
della comunicazione

«Non è uno specialista, ma un uomo dalla consapevolezza integrale che tiene insieme tecnica e fede»: è il profilo dell’animatore della comunicazione e della cultura tracciato da monsignor Domenico Pompili, ospite il 24 ottobre dell’Ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi di Roma.
26 Ottobre 2011
«Non è uno specialista, ma un uomo dalla consapevolezza integrale che tiene insieme tecnica e fede; non è un tecno-fan né un tecno-ingenuo, ma una persona autorevole e carismatica che sa lavorare in rete ed attivare la relazione». È il profilo dell’animatore della comunicazione e della cultura tracciato da monsignor Domenico Pompili, sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali.

All’identità e alla missione di tale figura è stato dedicato il primo incontro del percorso formativo annuale per animatori promosso in Vicariato dall’Ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi di Roma. «A diversi anni dalla pubblicazione del Direttorio, questo soggetto è ancora nel novero dei sogni più che nell’esperienza concreta delle nostre realtà», ha rilevato Pompili sottolineando così la necessità di «impegnare risorse e mettere a punto progetti a medio e lungo termine» per favorirne la presenza e la crescita.
Soprattutto in una società caratterizzata «da un ipersviluppo tecnologico e da un sottosviluppo morale», sospesa tra «una visione oggettivante derivante dal razionalismo e un’antropologia che invece sa cogliere l’unità oltre la varietà delle sue componenti».
«L’animatore – ha ricordato – è un operaio il cui compito ha a che fare con la dimensione pragmatica e allo stesso tempo è un genio, con una scintilla vivificatrice che gli viene dalla fede». Si tratta dunque di una persona capace di «interpretare in modo unitario il tempo in cui viviamo superando false contrapposizioni», ma anche di «incorporare l’azione pastorale nell’ambiente post-mediale ponendosi criticamente rispetto ai nuovi linguaggi». L’animatore infatti sa che, sebbene «la relazione faccia a faccia resti l’approdo finale», esistono «nuove forme di esistenza create dalla condizione digitale». Ed è conscio «del grande contributo che la Chiesa ha da offrire al mondo della comunicazione, in forza della propria identità e di uno sguardo originale sulla realtà».