Una Chiesa che cerca di rispondere con rapidità e chiarezza alle «ondate» mediatiche che si diffondono rapidamente per il globo. E che cerca sempre più la trasparenza. Come è accaduto per le dolorose vicende legate agli scandali degli abusi sui minori. Ne ha portato testimonianza padre Federico Lombardi, direttore della Radio Vaticana e della Sala stampa della Santa Sede, concludendo una tavola rotonda sul tema «Comunione ecclesiale e controversie», che ha caratterizzato la seconda giornata del convegno organizzato dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali. Il messaggio cristiano è «controcorrente nel mondo secolarizzato, non ha potere con cui affermarsi». Può comunque essere «ascoltato e fare pensare» le «persone obiettive». È accaduto in tante occasioni, nei viaggi del Papa nel Regno Unito, negli Usa e in Francia. Ad aiutare a mettere ai margini le controversie, non eliminabili, contribuisce una comunicazione che va all’essenziale, al centro, fatta da persone credibili e non «pesante».
Proprio su questo aspetto ha insistito il vescovo di Albano Marcello Semeraro, citando il beato Newman. L’ex anglicano scriveva, in un contesto di forti polemiche antiromane che «poche parole chiare e concrete possono evitare al cattolicesimo gravi inconvenienti ». Possono informare chi è disinformato e zittire chi, invece, è prevenuto. «È la verità, non la retorica a sconfiggere la menzogna», ha concluso il vescovo.
Non ci sarà la verità, ma di retorica ce n’è pochissima su twitter e blog: la cosiddetta blogosfera. Far west o opportunità? L’anglotedesca Anna Arco del Catholic Herald non ha dubbi. È stata un’entusiasta blogger durante la visita del Papa a Londra e afferma: «La tentazione della rete è di generare controversie per aumentare i contatti. Ma questi mezzi creano senso di comunità e interconnessione arrivando laddove non arrivano i media tradizionali ». Tre i consigli del caporedattore dell’agenzia tedesca Kna Ludwig Ring-Eifel: evitare le divisioni ecclesiali, non confidare nei salvataggi finanziari di imprese che non vanno, essere buoni giornalisti. Il corrispondente dell’americana Cns, John Thavis, infine, ha ricordato i richiami alla trasparenza in materia di abusi, fatti da Giovanni Paolo II (Chiesa «casa di vetro») e Benedetto XVI: «Ci siamo attenuti a questi standard o siamo stati parte del problema?», il suo interrogativo. Oltre agli «stereotipi» - come l’oscurantismo - la Chiesa viene accusata pure di essere «incapace di stare al passo con i media. E questo semplicemente non è vero», ha detto in mattinata il direttore dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian. Anzi: nessuna religione come il cristianesimo è stata attenta sin dalle origini alla comunicazione. Nei tempi moderni, da Pio XI, sottolinea lo storico, è stata addirittura «all’avanguardia ». E oggi è chiamata a valorizzare sempre più la sua universalità. Con Vian è intervenuto il vescovo francese Stanislas Lalanne, già portavoce della Gmg parigina e dei vescovi d’Oltralpe, che evoca una stampa capace di «far pensare » e proporre una «catechesi dell’attualità». Carol Andrade, responsabile del tabloid di Mumbai Afternoon Despatch and Courier, ha lamentato una certa marginalità e frammentazione: sono 360 le pubblicazioni nelle principali lingue dell’India, ma non c’è ancora adeguata coscienza giornalistica per raccontare questa minoranza molto attiva nel sociale. Bernardine Mfumbusa (Università Sant’Agostino della Tanzania) parla di situazioni differenziate: mentre in Benin la stampa cattolica ha una posizione dominante, nel suo Paese stenta, perché, inseguendo il modello commerciale, ha subito una «perdita d’identità ». E di lettori. Jaime Coiro del Celam, infine, ha monopolizzato l’attenzione dei fotografi, mostrando una bandiera cilena autografata dai 34 minatori prigionieri della terra. L’esperto sudamericano ha insistito sulle reti sociali e sul fatto che la comunicazione deve abbandonare astrattezze e favorire l’incontro tra persone. Ancora una volta: poca retorica, molta concretezza.