UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Internet, quando il sagrato diventa virtuale

Su internet non ci sono chiese, ma sagrati sì. Virtuali come tutto il resto della rete, ma utili per allacciare rapporti con chi dalla chiesa (quella fatta di mattoni) di solito se ne sta lontano. Questo è infatti uno dei modi in cui i parroci (i quali hanno con il web più dimestichezza di quanto non si creda) utilizzano internet, stando a una ricerca presentata ieri nella giornata conclusiva del Convegno «Chiesa in rete 2.0», promosso dall’Ufficio comunicazioni sociali e dal Servizio Informatico della Cei.
21 Gennaio 2009

Su internet non ci sono chiese, ma sagrati sì. Virtuali come tutto il resto della rete, ma utili per allacciare rapporti con chi dalla chiesa (quella fatta di mattoni) di solito se ne sta lontano. Questo è infatti uno dei modi in cui i parroci (i quali hanno con il web più dimestichezza di quanto non si creda) utilizzano internet, stando a una ricerca presentata ieri nella giornata conclusiva del Convegno «Chiesa in rete 2.0», promosso dall’Ufficio comunicazioni sociali e dal Servizio Informatico della Cei. Navigando, infatti, tra i siti parrocchiali può capitare di imbattersi in frasi come questa: «Il mio blog si chiama sagrato: non posso costringerti ad entrare in chiesa. Se poi vogliamo entrare, ci organizziamo... ». L’ha scritta proprio un parroco e a presentarla ai 300 convegnisti sono stati i curatori dell’indagine, Paolo Mancini, docente di Sociologia della comunicazione dell’Università di Perugia e Rita Marchetti, dottoranda dello stesso ateneo. Naturalmente insieme ai dati numerici più significativi della loro ricerca, commissionata dall’Associazione Webcattolici ( www.webcattolici.it).
Così risulta che il 16% delle 26 mila parrocchie italiane ha un sito, e sette parrocchie su dieci hanno una connessione internet.
L’indagine, ha spiegato don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per le comunicazioni sociali, è una dimostrazione dell’«approccio positivo e creativo» che la Chiesa ha nei confronti di internet, oltre che una riprova del «valore del territorio, che è sempre stata la categoria con cui la Chiesa ha identificato se stessa, e che oggi oltre all’accezione geografica assume una sembianza diversa: quella del 'territorio virtuale', che esprime sempre quella prossimità di cui la Chiesa sente di non poter fare a meno, nel suo rapporto con la gente».
La ricerca di Perugia è un’indagine campionaria rappresentativa che ha coinvolto 1.338 parrocchie italiane: quasi l’86% di esse possiede un computer e nel 70% dei casi esiste una connessione internet; circa il 62% delle comunità parrocchiali ha un indirizzo di posta elettronica. Tutto ciò, ha spiegato Mancini, nonostante l’età piuttosto elevata dei parroci, che nel 44.9% dei casi hanno oltre 60 anni. In sostanza più della metà dei parroci utilizza almeno una volta al giorno il computer. Quanto alla dislocazione geografica dei siti parrocchiali, non esistono sproporzioni tra i dati del Nord, del Centro e del Sud. Al contrario, se rapportati al numero delle parrocchie, in proporzione al Sud ci sono più siti di quanto non accada al Nord. Secondo i ricercatori «la Chiesa rispetto a internet è in una posizione avanzata, sia per un’opzione di maturità, sia per la consapevolezza di trovarsi di fronte a uno strumento di comunicazione diverso dagli altri media». Internet, infatti, «non è solo uno strumento di comunicazione, ma anche di organizzazione, che contrariamente ai vecchi media consente un’azione di evangelizzazione ».

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