UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Investire sulla comunicazione
per non rischiare l'irrilevanza

Per la Chiesa in Italia la comunicazione è determinante. Parola di monsignor Nunzio Galantino. «Se non investiamo seriamente sulla comunicazione – ha detto il segretario generale della Cei – rischiamo l’irrilevanza e la marginalità». 
13 Dicembre 2014

Per la Chiesa in Italia la comunicazione è determinante. Parola di monsignor Nunzio Galantino. «Se non investiamo seriamente sulla comunicazione – ha detto il segretario generale della Cei – rischiamo l’irrilevanza e la marginalità». Il vescovo di Cassano allo Jonio ha aperto ieri con il suo intervento il Convegno su «Nuovi media e nuovo umanesimo », organizzato da Anicec e promosso dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione dei dieci anni del Direttorio Cei sulle comunicazioni sociali. Un saluto, il suo, in cui ha invitato a coniugare il «fare memoria» con «l’attualizzazione», «la fedeltà e la gratitudine per il passato» con «l’attenzione seria per il presente» e con il proiettarsi nel futuro. Soprattutto, però, Galantino ha sottolineato lo «stile» che la Chiesa deve avere in fatto di comunicazione. Uno stile, ha spiegato facendo riferimento al magistero di Papa Francesco, che deve essere quello della «Chiesa in uscita, che sappia e che voglia osare e che all’occorrenza non abbia paura di dire 'qui ho un po’ esagerato, qui mi sono sbagliato'». Gli atteggiamenti da evitare, dunque, sono soprattutto due. Da un lato quella che il segretario generale della Cei ha chiamato «la sindrome della moglie di Lot», propria di chi, invece di guardare avanti, «cammina con la testa all’indietro». «Nessuna nostalgia sterile per il passato», dunque. Dall’altro la sfiducia e lo scoramento dei «professionisti del lamento». La comunicazione della Chiesa deve essere di tutt’altro genere. «Non troppo prevedibile, non una informazione da replicanti», ha sottolineato. Spazio perciò a media cattolici che abbiano la capacità di «provocare domande, di educare alla domanda e offrire strumenti critici perché le domande possano essere sensate e portino a risposte concrete». Galantino ha incoraggiato anche a fare sinergia tra i media ecclesiali. «Naturalmente il quotidiano deve fare il quotidiano, la radio deve fare la radio, la televisione e l’agenzia idem. Ma la nostra missione – ha detto – è prima di tutto una missione di comunione, ognuno con i mezzi che ha a disposizione». Da questo punto di vista, ha aggiunto il direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei, monsignor Domenico Pompili (del cui intervento Avvenire riferisce più ampiamente a parte), sarà importante «il portale che come Ufficio abbiamo avviato a realizzazione per il prossimo mese di gennaio ». «Il portale – ha aggiunto – sarà una piattaforma tecnologicamente avanazata, ma di facile accesso, per consentire in uno sguardo sinottico di rilasciare i contributi di ciascun medium, potenziando così la voce e l’immagine della comunicazione ecclesiale. Si tratta – ha sottolineato Pompili – di un fatto concreto per uscire dalle nostre abitudini settoriali e poterci veramente incontrare tra noi, prima ancora che poter incontrare il mondo ». Lo sguardo sul presente e sul futuro non ha fatto comunque perdere di vista il cammino compiuto negli ultimi dieci anni. Che cosa è rimasto del Direttorio Cei sulle comunicazioni sociali? A rispondere alla domanda è stato il vescovo Claudio Giuliodori, oggi presidente della Commissione episcopale per la Cultura e le Comunicazioni sociali, e all’epoca della pubblicazione direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei. «Sicuramente la prospettiva dell’umanesimo e dell’antopologia che sarà al centro anche del prossimo Convegno decennale di Firenze (novembre 2015) – ha ricordato –. E poi l’interazione con la cultura contemporanea, la formazione degli operatori pastorali e le sinergie tra media locali e nazionali». Tuttavia, ha fatto notare, «c’è ancora molto da attuare, per un cammino di prospettiva a lungo termine». E la prospettiva nata esattamente venti anni fa con la «svolta del Convegno di Palermo del 1995», dove 'nacque' anche il progetto culturale, attende di ricevere proprio da Firenze 2015 «nuova forza e valore per il nostro rinnnovato impegno nel mondo dei media».
La giornata è stata completata dagli interventi di monsignor Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, e di Chiara Giaccardi, ordinario di sociologia e antropologia dei media alla Cattolica. Sotto i riflettori l’account Twitter del Papa, @Pontifex, successo mondiale, che ha molto da insegnare a chi fa comunicazione nel mondo cattolico.