UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

La sfida dei media? Liberarsi dai pregiudizi

Al Meeting di Rimini gior­nalisti come William McGurn, (“Wall Street Journal”), John Waters (“Irish Times”), il reporter ca­nadese Peter Stockland e Mario Calabresi, direttore de “La Stam­pa”, hanno raccontato “Il vangelo secondo i santi media”.
26 Agosto 2010
«Una casta quasi sa­cerdotale», che si a­limenta di «graniti­ci pregiudizi», riducendo la com­plessità del mondo a due sole ca­tegorie: amici e nemici. Per una volta spietati con se stessi, gior­nalisti come William McGurn, fir­ma del “Wall Street Journal”, John Waters, seguìto editorialista dell’“Irish Times”, il reporter ca­nadese Peter Stockland e Mario Calabresi, direttore de “La Stam­pa”, hanno raccontato “Il vangelo secondo i santi media”.
«Il mondo dei mezzi di comuni­cazione è visto dagli stessi addet­ti ai lavori come una casta quasi sacerdotale, con le proprie ideo­logie, le proprie credenze, i propri riti», ha osservato McGurn. Come partecipando a un esame di co­scienza pubblico, l’irlandese Wa­ters ha confessato di «fare fatica a non avere pregiudizi, ad ascolta­re con l’orecchio del cuore». Col­pa di quella fabbrica delle notizie che vorrebbe «inscatolare tutto, dividere le cose per generi».
Nei giorni scorsi Mario Calabresi è stato protagonista, suo malgra­do, di un episodio emblematico. Un quotidiano ha parlato di lui di­pingendolo come il solito giorna­lista sessantottino. Sarebbe ba­stato un controllo facile facile: Ca­labresi è nato nel 1970. L’impor­tante, in questo come in altri a­naloghi casi, non era raccontare, ma picchiare. «Invece – ha insisti­to Calabresi - penso che non bi­sogna perdere di vista l’uomo e che sia necessario uno sguardo positivo perché ci sia qualcosa di vero che copra il falso». Il punto, secondo Waters, è che «stiamo perdendo la nostra cultura, stia­mo scivolando nel nulla». William McGurn ne è sicuro, una via d’u­scita c’è. «La possibilità che intra­vedo – ha detto – è che, attraver­so incontri e luoghi come il Mee­ting, si riesca a costruire una nuo­va generazione di media, laici ma non secolarizzati». Mezzi anima­ti da curiosità, da dubbi, dal co­raggio di lasciarsi sorprendere. Questa lezione Peter Stockland la imparò quand’era un giovane cro­nista. Una notte, in un quartiere a luci rosse dove avrebbe dovuto in­tervistare alcune prostitute, si pre­sentò con il taccuino fitto di do­mande. Al termine dell’intervista una ragazza lo spiazzò: «Lei pen­sa che io non mi vergogni di quel­lo che faccio?». Per dirla con Calabresi «la scom­messa è la realtà». Arrivare al cuo­re dell’informazione «significa non anteporre la critica ai fatti, ma lasciar parlare la realtà». Un me­todo che terrebbe alla larga «dai granitici pregiudizi, dalle strade da cui non si può uscire».
Il «circo della menzogna» avrà an­che venduto bene, ma è al capo­linea, «perché la realtà – preco­nizza Calabresi - è testarda, non è possibile per nessuno inquinarla o manipolarla per sempre».